L’opera viva di Marracash
All'Olimpico di Roma il rapper ci porta alla scoperta della sua emotività.
Marracash riscrive le regole del live e consegna al pubblico un viaggio straordinariamente visionario, tra identità, musica e carne.

di Giulio Paravani 1 Luglio 2025

Roma, 30 Giugno 2025
Qualcosa è cambiato. Marra Stadi 2025 è il titolo del tour, ma anche la definizione perfetta per un punto di svolta nella musica italiana. Marracash è il primo artista hip hop del Paese a portare un concept live nei grandi stadi, e Roma, nel cuore rovente dell’estate, è stata una tappa centrale.
Il palco, mastodontico, si apre su sei capitoli narrativi che si intrecciano come un film scritto in diretta. C’è Fabio, l’uomo, c’è Marracash, l’artista. I due non si inseguono, non si scontrano, ma abitano lo stesso corpo. La loro storia si racconta attraverso la trilogia che ha segnato una generazione: Persona, Noi, loro, gli altri ed È finita la pace. Tre dischi che hanno trasformato il rap in racconto esistenziale, capaci di restare in classifica per centinaia di settimane e di occupare stabilmente la Top 50 Fimi. La loro forza non si misura solo con i numeri, ma con le vene scoperte e le parole appuntite.
In questa liturgia contemporanea c’è spazio per ogni elemento: le immagini, la potenza della scenografia firmata dallo studio Ombra, la direzione artistica di Lorenzo De Pascalis, i cinque robot alti fino a sei metri che sovrastano il palco come oracoli metallici. Il corpo di ballo diretto da Carlos Kahunga Kamizele, la band dal vivo, i performer e le figure simboliche che abitano lo spazio. E poi Mind Industries, entità immaginaria eppure concreta, che scandisce l’equilibrio emotivo di ogni sezione dello spettacolo.
Sul palco, la voce di Matilda De Angelis arriva come una fenditura nel buio: delicata e tagliente. Nessuna presenza decorativa, il suo ruolo è preciso, vivo, immersivo. Il suo dialogo con Marracash diventa ponte, riflessione, tensione narrativa. E accanto a lei, Madame, presenza costante nel tour, non come guest star ma come alleata. La loro L’anima risuona come un patto tra sensibilità affini, un legame che attraversa le parole e si deposita nel cuore dello show.

I numeri costruiti negli anni da Marracash definiscono una traiettoria verticale: 127 dischi di platino, 32 d’oro, quasi 8 miliardi di stream. La Targa Tenco vinta nel 2022 per Noi, loro, gli altri è solo un tassello di un percorso che ora trova un nuovo apice proprio qui, in questo tour. Dopo aver creato Marrageddon, primo festival rap su scala nazionale, capace di radunare 140.000 persone tra Milano e Napoli, Marracash affronta lo stadio con la stessa urgenza artistica.
Marra Stadi 2025 arriva come una dichiarazione d’intenti, un’opera viva che non cerca consensi, ma verità. Più di due ore di spettacolo totale, tra energia, intimità, costruzione visionaria e identità rivelata. Ogni brano è scena, ogni transizione una riflessione. Marracash mette a nudo le sue parti e le offre al pubblico come frammenti di un’opera condivisa.
«È il live più importante della mia vita», dice. E in questa frase c’è tutta la portata di ciò che è avvenuto a Roma. Il rap italiano ha trovato la sua forma più evoluta. Marracash ha portato la parola nell’arena, l’ha vestita di carne, di schermi, di ferite. E il pubblico non ha chiesto intrattenimento. Ha ricevuto visione.
Quello che si è svolto allo Stadio Olimpico è qualcosa che va oltre la retorica del traguardo. Questo tour non è un premio ma un’esplorazione di nuove possibilità. Marracash ha offerto al pubblico un corpo. Un corpo narrante, fragile e potente, attraversato da luci, suoni, immagini, emozioni non addomesticate. Ha trasformato la sua discografia in drammaturgia, la sua figura in una presenza scenica stratificata, a tratti spettrale, a tratti sacrale.
Dentro l’uomo, dentro l’artista, dentro sé stesso. La platea, per una sera, ha smesso di essere massa. È diventata eco, riflesso, sponda.