Manuel Agnelli, il valore della cultura rock

Nessun tour promozionale o album in uscita, eppure Manuel Agnelli ha programmato una data nella canicola estiva romana, probabilmente la settimana più calda dell’anno.
Ormai l’ex leader degli Afterhours oscilla tra il suo ruolo di personaggio quasi mainstream a graffiante musicista dal background solido e profondo. Parliamo di un musicista assai colto e profondo: uno dei suoi inni nel declamare che non si esce vivi dagli anni Ottanta, in realtà è un contro manifesto di quegli anni.
Agnelli ha radici profondamente calate in quegli anni, così ricchi, fatti di reazione rabbiosa da cui nacque il post punk a scivolate profonde nell’oscuro legate alla New Wave e al Noise.
Quelli sono stati i semi delle prime produzioni degli Afterhours.
La capacità di Manuel è stata quella di evolversi usando gli strumenti comunicativi di questi anni: è cresciuto come musicista, come artista e soprattutto come intellettuale a tuttotondo.

C’è molta Milano nella sua attitudine verso l’esterno.
Il concerto all’Ippodromo delle Capannelle ha avuto in scaletta tutto i suoi grandi classici – da ‘Quello che non c’è‘ a ‘Male di Miele‘, ‘Ballata per la mia piccola Iena‘, ‘Dea‘, ‘Voglio una pelle splendida‘ e ‘Lasciami leccare l’adrenalina‘.
Si passa dalla chitarra al pianoforte con la stessa naturalezza creativa e voglia di dimostrare di essere prima di tutto un musicista strutturato.
Cosa che si evince anche dalle sue ultime produzioni soliste, che lo hanno persino portato a vincere un David di Donatello (bellissime sia ‘Proci‘ che ‘La profondità degli Abissi‘).
Le due perle della serata sono ‘Lo sposo sulla torta‘, scritto insieme alla figlia per l’ultimo album, ma soprattutto la cover di ‘Shadowplay‘ dei Joy Division dedicata al chitarrista dei Massimo Volume, Gabriele Ceci, detto Cecio, scomparso tragicamente da poco in un incidente stradale.
Confrontarsi con il repertorio di Ian Curtis è quanto di più difficile e affascinante per Agnelli, ma è una sfida che tiene molto bene sia da un punto di vista qualitativo che di resa estetica sul palco.
È evidente a tutti ormai da qualche tempo che ci troviamo di fronte ad un artista complesso, dall’approccio immediato e diretto, qualcosa di inusuale nel panorama musicale italiano.
Anche le istituzioni culturali si sono accorte di colui che spicca come un artista e intellettuale, a suo modo unico, interamente calato anche in una modernità mai banale ma capace di destrutturare le proprie manifestazioni artistiche e ricomporle come fosse un puzzle da cui, in qualche modo, ne esce sempre rinnovato e fedele alla propria storia allo stesso tempo.

Agnelli e gli Afterhours andrebbero davvero protetti: raramente l’impatto comunicativo di un artista in trenta anni è stato così capace di bucare le sottoculture giovanili degli ultimi trenta anni.
È l’epifania del punk, il suo essere fottutamente immediato e veloce senza comunque bruciarsi.
Passo in cui Manuel Agnelli si dimostra un vero maestro dell’equilibrio.
Con un grande e immutato talento cristallino.

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Roma, 17/07/2023
© Fabio Arboit

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