Un orologio svizzero di frastuoni e melodie: Verdena live a Brescia

Il Musical Zoo 2015 gioca subito il carico pesante e apre i portoni del Castello di Brescia al ritorno dei Verdena, alle prese con il loro interminabile ‘Endkadenz Tour’ che fa tappa il 23 luglio per la seconda volta in pochi mesi in città (stavolta nella sua versione estiva).
La cornice è, come si dice in questi casi, suggestiva; il pubblico eterogeneo e la coda polemica di una social-battuta sulla rivalità calcistica tra bresciani e bergamaschi, di cui alcuni tifosi non hanno colto l’ironia, si è già disciolta nei trentacinque gradi e zero ventilazione della platea.

Apertura poco morbida, interessante e non banale ma un po’ troppo invadente rispetto alle usanze, affidata ai Dadamatto, mentre alle loro spalle il soundcheck procede imperterrito, uno dei tanti effetti della maniacalità di Alberto Ferrari che si tramuta spesso e volentieri in sfoghi visibili indirizzati al mondo intero.
Per tutto il concerto, i tecnici vagheranno sul palco con gli occhi bene aperti e il terrore visibile sui loro volti, attenti a ogni dettaglio: il risultato è pregevole se trascuriamo un piccolo incidente di percorso nell’encore che manda in fumo ‘Isacco Nucleare‘ dopo poche decine di secondi.
Il resto, è un orologio svizzero di frastuoni e melodie, la coralità dei pezzi a due chitarre contrapposta al protagonista del frontman quando siede alle tastiere, con il gruppo che scende di tono e diventa accompagnamento.

Come prevedibile, ancor più se parliamo di una band che guarda molto più in avanti anziché alle proprie spalle come i Verdena, la scaletta è incentrata sull’ultima fatica “Endkadenz Vol.1″, dando un discreto spazio a “Wow” e a “Requiem“, lasciando solo un accenno dei primi tre album come regalo ai fan militanti (e agli avventori poco preparati, che si aspettano ‘Valvonauta‘ e che vengono accontentati nella seconda metà del concerto, nel momento di totale svacco aperto dalla gag “facciamo tutti il verso degli indiani”).
La tripletta iniziale dichiara quali siano le intenzioni: è l’incedere di ‘Alieni fra di noi‘ seguito dal singolo accattivante ‘Un po’ esageri‘ e ‘Sci desertico‘ a dare il là alle distorsioni.
Per la seconda terzina si fa un passo indietro su “Wow” e sul lato più orecchiabile tra ‘Loniterp‘, ‘Lui gareggia‘ un po’ più dura e ancora ‘Scegli me‘.
Da qui in poi è una tirata unica.
I pezzi di “Requiem” fanno cantare il pubblico in coro con ‘Trovami un modo semplice per uscirne‘ o più secco con ‘Muori Delay‘, e sono alternati ad ampie porzioni di “Endkadenz Vol.1” ormai rodato dal tour primaverile e con una resa live eccellente – ‘Derek‘ e ‘Puzzle‘ in evidenza, con i testi sono sulla bocca di quasi tutti.
Dal primo disco rispolverano la già citata ‘Valvonauta‘, mentre dal secondo ‘Miami Safari‘: brani che suonano piacevoli e nostalgici.
Nella parentesi più acustica c’è anche spazio per un omaggio allo spirito guida dei Beatles attraverso una strofa di ‘You’ve got to hide your love away‘, chiudendo col sentimento e l’armonia, chiaramente distorta, di ‘Rilievo‘.

Alberto Ferrari appare quasi affabile, Roberta Sammarelli scherza col pubblico lanciando bottigliette di acqua a ripetizione all’indirizzo di chi le chiede di mostrare le proprie grazie, Luca Ferrari – come sempre – pensa solo a picchiare sulla batteria e non soccombere al caldo.
Il rientro sul palco regala un altro momento di emozione collettiva e fratellanza universale del canto per 40 secondi di niente, prima che intervengano distorsioni e rumori fuori controllo che bloccano ‘Isacco Nucleare‘ alla seconda battuta, prontamente sostituita da ‘Don Calisto‘, ancora più aggressiva e precisa (qualche anno fa di fronte a un simile episodio non ci si poteva aspettare altro che un abbandono del palco, altro che due frasi scherzose e pronti via), e ‘Funeralus‘ in coda per una chiusura dal basso profilo ma coerente col disco di cui il tour porta il nome.

Il fatto che i Verdena dal vivo siano un gruppo valido, ai massimi livelli in Italia, non è più una sorpresa: il lavoro diligente ed abnorme che sta dietro a questo nome risulta altrettanto palese.
Le loro varie anime vengono ben mescolate, senza rinnegare la gioventù ma investendo soprattutto sulla loro storia recente con una resa sul palco a dir poco eccezionale.
Il lavoro di tutto lo staff (dall’audio alle luci) viene valorizzato e massimizzato sul palco ed è apprezzato da un pubblico ormai maturo, che i Verdena hanno cresciuto e coltivato negli anni, per levarsi ora (e per parecchio tempo a venire, si intuisce) parecchie soddisfazioni.

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Matteo Ferrari

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Nato nel 1984 nell'allora Regno Lombardo-Veneto. Un onesto intelletto prestato all'industria metalmeccanica, mentre la presunta ispirazione trova sfogo nelle canzonette d'Albione, nelle distorsioni, nei bassi ingombranti e nel running incostante.

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