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Ian Anderson

Jethro Tull, una vita on stage

Il Seven Decades Tour dei Jethro Tull torna a Milano

Ennesimo sold-out per Ian Anderson e l’attuale versione dei Jethro Tull al Teatro Degli Arcimboldi

Milano, 18 febbraio 2025

In Italia il rock progressivo ha sempre goduto di un’immensa popolarità. In questo genere, il nostro paese non solo ha dato i natali ad artisti di caratura internazionale – basti pensare a gruppi storici come la PFM, il Banco Del Mutuo Soccorso ed i New Trolls. Ha anche sempre abbracciato e metaforicamente adottato una pletora di artisti stranieri, che qui da noi hanno trovato quella popolarità che, almeno inizialmente, gli sfuggiva in patria. I Genesis in primis, ma anche Emerson, Lake & Palmer, Van Der Graaf Generator e, in tempi più recenti, i Porcupine di Steven Wilson, letteralmente esplosi nel nostro paese nella seconda metà degli anni ’90, complice il grande supporto fornito loro da Radio Rock di Roma.

Nel nostro passato musicale possiamo dire che c’è stato un momento in cui il prog-rock era diventato praticamente mainstream. Tanto che ancora al giorno d’oggi, artisti come Steve Hackett e Ian Anderson tornano costantemente a farci visita con frequenza inusitata, certi di trovare ancora una volta il riscontro del pubblico. Come questa sera, dove al Teatro Degli Arcimboldi di Milano tornano in scena i Jethro Tull, a due anni quasi esatti dalla loro ultima apparizione milanese. Ed anche ora come allora, il Teatro fa registrare il tutto esaurito.

Nei minuti precedenti lo show veniamo pregati dall’organizzazione di astenerci dallo scattare foto e dal riprendere il concerto, per evitare distrazioni all’oramai settantasettenne pifferaio di Dumferline, con la promessa di revocare il divieto durante l’encore. Per una grama volta, potremmo assistere al concerto senza essere costretti a guardarlo attraverso lo schermo del cellulare di chi ci sta davanti.

Lo show di questa sera si inquadra ancora una volta nell’ambito del “Seven Decades Tour”, volto a celebrare le sette decadi attraversate da questa storica formazione inglese. Un tour in cui Anderson non gioca la fin troppo scontata carta del greatest hits, andando a pescare brani – alcuni dei quali davvero per niente scontati – da ciascuna delle sette decadi in questione. Tanto che l’onore di aprire il concerto spetta a ‘My Sunday Feeling’ dal disco d’esordio “This Was”, con la band che suona davanti al maxischermo sul quale scorrono delle bellissime immagini live dell’epoca: correva l’anno 1968.

Sul palco degli Arcimboldi, Anderson porta con sé la stessa backing band vista all’opera due anni fa, e per quanto si presentino a nome Jethro Tull, in buona sostanza stiamo assistendo ad uno show di Ian Anderson che propone pezzi dei Tull, suonati da competentissimi session men.

Ma questi non sono i Tull e, lasciatecelo dire, la mancanza della chitarra di Martin Barre si sente eccome. Jack Clarke è un ottimo chitarrista, ma a nostro parere poco adatto al sound dei vecchi Tull, D’altronde, anche taluni arrangiamenti sui brani più datati, apportati sia per adattarsi alla voce di Ian Anderson che non è più quella di una volta, un po’ per ammodernarne la struttura, qualche naso lo hanno fatto storcere.

Ian Anderson
Ian Anderson

Anche la scaletta per una buona metà è la stessa di due anni fa. Rispetto ad allora è uscito un nuovo album (“RökFlöte”) da cui questa sera abbiamo ascoltato ‘The Navigators’ e ‘Wolf Unchained’ A parte le inamovibili ‘Aqualung’, ‘Locomotive Breath’ e ‘Bourrée In E Minor’, abbiamo avuto modo di ascoltare un paio di estratti da “Heavy Horses” (la title-track e ‘Weathercock’, la bella sorpresa (per chi scrive) di ‘Farm On The Freeway’ da ‘Crest Of A Knave’, il disco più hard mai registrato dai Tull, e che nel 1989 soffiò ai favoritissimi Metallica di “…and Justice For All”, il Grammy Award per la miglior performance Hard Rock/Metal.

Simpatico l’aneddoto con cui Anderson presenta ‘We Used To Know’ come «il brano che ha ispirato ‘Hotel California’» – difficile dargli torto, la progressione armonica è pressoché identica. Da gran signore qual è, il buon Ian non ha mai accusato gli Eagles di plagio, sostenendo molto diplomaticamente come il brano non sia altro che un gradito tributo ai Tull da parte della band californiana. Però il brano è del ’69, e guarda caso nei primi anni ’70 le due band andarono in tour assieme. A pensar male si fa peccato…

Il concerto si chiude con un unico encore, quella ‘Locomotive Breath’ sui cui al pubblico viene finalmente concesso di sfoderare gli smarthphone. Sfumato il respiro della locomotiva, la band si raduna a centro palco sotto l’enorme scritta ‘Cheerio’ proiettata sul maxischermo per raccogliere l’ovazione di un pubblico che ancora una volta tributa al grande vecchio del prog inglese una meritatissima standing ovation.

Prima che il pubblico sfolli, in video vediamo apparire l’annuncio del nuovo album dei Jethro Tull: “Curious Ruminant” uscirà il prossimo 7 marzo. Il che, ne siamo certi, darà al vecchio Ian l’ennesima buona scusa per dare il via ad un nuovo tour.

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