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Imagine Dragons, catarsi di un’introspezione

Imagine Dragons a Padova: fuochi d’artificio, emozioni e rinascita sotto il cielo dell’Euganeo

Uno show entusiasmante tra luci, suoni e parole che raccontano la fragilità e la forza dell’essere umani.

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di Endy Prandini
19 Giugno 2025
Imagine Dragons

 

Padova, 19 Giugno 2025

L’appuntamento è al tramonto, giusto in tempo per vedere il crepuscolo delle nostre anime riflesse nei testi delle loro canzoni. Già, perché anche quando conteniamo abissi insondabili c’è ancora speranza di risurrezione. E stavolta, per farlo, mi affido agli Imagine Dragons che nel loro concerto a Padova regalano uno dei live più intensi e travolgenti degli ultimi anni.

Dopo la tappa di Milano, la band apre la sua doppia data padovana allo Stadio Euganeo prima di proseguire il tour verso Napoli. La location è perfetta per contenere i quasi 40.000 fan accorsi da tutta Italia per uno show potente e coinvolgente.

Nonostante alcune gravi lacune organizzative – i famigerati token, i parcheggi da 25 euro, e una security che rievoca alla memoria la Gestapo studiata sui libri di scuola – lo spettacolo degli Imagine Dragons è stato probabilmente il miglior concerto pop visto nel nostro Paese negli ultimi tempi. E non lo affermo con leggerezza.

La band a Padova offre uno show al limite della perfezione: brani orecchiabili ma carichi di significato emotivo, suonati e cantati magistralmente. Nessun calo, nessuna pausa emotiva: un flusso costante di energia e connessione. Intenso il discorso di Dan Reynolds sulla lotta contro la depressione, che ha toccato il cuore del pubblico.

Reynolds lotta in prima persona contro ansia e depressione, sensibilizzando da anni sulla salute mentale: qui un discorso del 2024.

Il sole cala mentre poco dopo le 21 i mega schermi si accendono. Parte Fire in These Hills e lo stadio esplode. Il pubblico in tribuna è già in delirio e canta con la band per tutto lo show, trasformando il concerto in una vera e propria festa collettiva.

Dan Reynolds è il centro magnetico dello spettacolo. Non si limita a brillare ma incarna il messaggio stesso degli Imagine Dragons. In tunica bianca, scatenato e ipnotico, coinvolge tutti fin dai primi pezzi, facendo vibrare le corde più profonde dell’anima.

Con Thunder e Bones la potenza della band emerge in tutta la sua coerenza. Le melodie accattivanti sono solo il guscio di testi catartici, capaci di toccare corde intime. Anche la nuova Take Me to the Beach, pur più leggera, conquista per ritmo e impatto. Giganti palloni da spiaggia rimbalzano tra la folla, tra esplosioni di coriandoli e giochi pirotecnici. Un trionfo visivo e sonoro.

La notte arriva, ma il cielo sopra Padova resta acceso. Luci, urla e suoni fanno dimenticare il tempo. Lo show vola via in un soffio, lasciando una sensazione dolceamara: vorresti che non finisse mai. Eppure è durato quasi due ore piene di musica ed emozioni.

Imagine Dragons
Imagine Dragons

A metà set, Whatever It Takes precede una versione acustica e intima di Next to Me, suonata al centro dello stadio. Arriva anche Budapest di George Ezra, a sorpresa, a rendere l’atmosfera ancora più festosa, seguita da una trascinante I Bet My Life.

Il pubblico è ipnotizzato da Reynolds, che ormai a torso nudo si muove sul palco con la forza di un predicatore e la vulnerabilità di un uomo che sa cosa significa combattere contro i propri demoni. La nudità come simbolo di verità e accettazione.

Impressionante il duello di batterie durante Radioactive, con Dan che sale su una piattaforma rialzata per sfidare il batterista in un crescendo che infiamma letteralmente le tribune.

Non c’è spazio per prendere fiato. Demons, Natural, Sharks e Enemy si susseguono senza tregua, in un vortice di emozione e ritmo che tiene alta la tensione fino all’ultimo.

La gente canta, balla, piange e ride. Tutti, per un momento, riescono ad abbracciare i propri demoni e sentirsi leggeri. Gli Imagine Dragons a Padova non hanno suonato e cantato: hanno curato l’anima.

Chiudono con In Your Corner, Birds e infine Believer. Un finale esplosivo, per un concerto che ha alzato l’asticella della qualità degli eventi live dell’estate. Difficile, se non impossibile, fare di meglio.

Dan Reynolds
Dan Reynolds

Una nota a margine, doverosa.

In un’epoca dove l’immagine prevale spesso sulla sostanza, dove tutto sembra dover essere perfetto e filtrato, la musica – quando sincera – resta uno dei pochi strumenti capaci di aprire ferite senza farle sanguinare, solo per mostrarle. Per questo, la scelta degli Imagine Dragons di esporsi in prima persona sul tema della salute mentale non è solo coraggiosa: è necessaria.

Dan Reynolds, con la sua voce che a tratti graffia e a tratti consola, parla della depressione senza retorica ma con lucidità. Racconta il dolore come qualcosa che non si deve nascondere, ma attraversare. E questa è forse la lezione più potente di tutto il concerto: non si è deboli perché si soffre, si è forti perché si sceglie di guardare in faccia quel dolore.

Gli artisti che decidono di usare il proprio palco – reale o metaforico – per abbattere i tabù legati alla salute mentale trasformano i propri concerti in uno spazio sicuro, collettivo, dove migliaia di persone si sentono comprese, viste, accolte. A Padova questo è stato tangibile. Non solo nei discorsi tra un brano e l’altro, ma nei testi stessi, nelle pause, negli sguardi lanciati tra palco e platea. Quando Reynolds ha parlato della sua esperienza si è alzato un silenzio quasi sacro, come se improvvisamente ogni spettatore sentisse meno il peso del proprio fardello. Perché, in quel momento, quel dolore era condiviso.

Non sei solo. Non sei strano. Non sei rotto.

È facile cantare la leggerezza, è più difficile trasformare le ferite in arte che guarisce. Eppure, gli Imagine Dragons riescono a rendere tutto questo accessibile, fruibile. Quasi pop, nel senso più nobile del termine. Brani come Demons, Thunder o Believer non sono inni da stadio ma manifesti emotivi: raccontano storie di fragilità e di resistenza, senza retorica. E questo tocca. Tocca chi ascolta. Tocca chi lotta ogni giorno contro qualcosa che non si vede ma si sente dentro, forte. E quando un artista dice «anche io mi sento così» allora quel muro si rompe e la solitudine si fa più piccola.

In un Paese dove ancora troppo spesso la salute mentale viene ignorata, stigmatizzata o banalizzata, avere un artista internazionale che ne parla apertamente su un palco di fronte a 40.000 persone è un atto politico oltre che umano. Il promemoria, potente, che ci ricorda che non siamo soli nei nostri abissi. E non c’è niente di sbagliato nell’avere bisogno di aiuto.

È il contrario dell’indifferenza, è empatia in forma di melodia.

E così, gli Imagine Dragons hanno ricordato a tutti noi che anche nel buio più fitto può esserci musica. E che la musica, a volte, è la luce che ci serve per ritrovare la via.