Giardini di Mirò live a Bologna: sempre in ‘rise’, mai in ‘fall’

Stracolmo, straniante, straordinario.
Era da un po’ di tempo che non scrivevo per Oca Nera Rock, ed essere ritornato a tempo pieno mi fa veramente piacere soprattutto per seguire concerti come questo, attesissimi e pieni in tutto.
Come per il mio primo report (Linea 77 @ Laboratorio Crash, Bologna), il 21 ottobre mi dirigo in bici verso il live nelle periferie bolognesi.
Destinazione: Covo
 Club.
Band: Giardini di Mirò
.
Occasione: tour quindicennale di “Rise and fall of academic driftings”, uno dei massimi punti del post rock italiano (ed europeo), oltre che uno degli arancioni in cover più illustri e più belli.
Tanti visi diversi all’interno del locale di Viale Zagabria: spenti, gasati, straniati, curiosi; un grande mix di età e stile che rendono l’atmosfera di attesa in un aleggiare di tantissima libidine.
In apertura Giuseppe Cordaro, agrigentino/reggiano – finissimo ambientista noise che ha dato grande spettacolo con suoni registrati di vulcani e quant’altro.
Un artista tanto mentalmente indipendente quanto fortemente interessante.
Consiglio di ascoltare il suo Soundcloud per un’idea generale: chiudete gli occhi sentendo i suoi lavori, andrete ad esplorare altre realtà più vicine di quanto pensiate.

Un po’ di pausa, i classici bisbigli per poi far calare il vociferare in sala: eccoli.
Dopo 15 anni, 15 anni dopo un memorabile soldout sullo stesso palco, i Giardini di Mirò sono sempre loro.
Carichi con sguardi svampiti e carismatici, un’ondata di semplicità e di gioia che traspare dai loro gesti minimale, e si è pronti a partire.
Parte anche il loro arancione, parte tutto l’album in ordine sparso iniziando con ‘Pearl Harbor‘ e finendo con ‘A New Start‘.
In mezzo tutto il resto: la curvosa ‘The Beauty Tape Rider‘, la delicatezza di ‘Pet Life Saver‘, la crescente botta di ‘Trompso Is Ok‘, la sofisticata morbidezza di ‘Little Victories‘.
Tanti cambi di colore di sfondo alle spalle dei ragazzi reggiani, tanti ringraziamenti a chi ha permesso la riuscita dell’album, tantissima gratitudine per un pubblico tra i più (inaspettatamente) variegati.
Non sono usciti e rientrati, non c’era tempo per la solita scena del bis: inizia dunque subito l’encore con pezzi usciti appena dopo il primo album – tra cui ‘The soft touch of Berlin‘ e ‘Connect the machine to the lips‘, finale ottimo dopo un concerto affrontato con umiltà, professionalità e una rasente perfezione acustica e perfomativa.
Gli sguardi del pubblico diventano fiumi di lacrime, incendi di gioia, grande stupore e immensa soddisfazioni verso questi eterni ragazzi, sempre in rise e senza ombre di fall.

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