Frontiers Rock Festival 2025 | Day 02 | Winger

Seconda giornata di Festival, ingentilito dal tocco femminile di Cassidy Paris e Chez Kane
Gli attesissimi Winger chiudono la serata con un set intenso e dannatamente heavy funestato da qualche problema tecnico di troppo
Trezzo Sull’Adda (MI), 26 Aprile 2025
Archiviata con la splendida esibizione degli Asia la prima giornata di Frontiers Rock Festival, è tempo di affrontare la seconda. Che in realtà, oltre al festival vero e proprio, prevede in tarda mattinata una prima tornata di show acustici. L’ingresso è esclusivo, riservato a quei 150 fan che si sono voluti trattare bene ed hanno acquistato il biglietto VIP.
I primi a salire sul piccolo palco appositamente approntato in un’area separata da quella dove si svolge il festival vero e proprio sono i Girish and The Chronicles, band class metal indiana (arrivano da Bangalore), guidati da un front-man dotato di ugola cromata come Girish Pradhan. Hanno tre album all’attivo e non sono una novità per il pubblico italiano, che aveva già avuto modo di vederli a fine 2024 quando aprirono per i Rage allo Slaughter Club. Nel set acustico ci hanno proposto cinque brani, tra cui la title-track del loro ultimo album “Hail To To The Heroes” ed il nuovo singolo ‘Kaal’, con cui il buon Girish si conferma cantante di caratura superiore.
Il secondo set vede protagonista Chez Kane, attesissima da tutti i fan dell’AoR più classico, grazie ai due ottimi album fino ad ora pubblicati, infarciti di tastieroni straripanti, ritornelli assassini ed un’attitudine che ci riporta dritti filati agli anni Ottanta. Chez possiede una gran voce, messa particolarmente in risalto dal contesto acustico odierno. Accompagnata dai chitarristi Harry Scott Elliott e James Ready, la Kane si fa valere anche senza ausili di studio, e offre una ventina di minuti ripartiti su un poker di brani, tra cui ‘Streets Of Gold’, ‘Too Late For Love’ ed una bella rilettura di ‘Love Is A Battlefield’ di Pat Benatar.
Questa piccola kermesse acustica pre-festivaliera si conclude con il set degli inossidabili FM. La band di Steve Overland, Pete Jupp e Merv Goldsworthy ha recentemente festeggiato il quarantesimo anniversario, e come un buon whisky, più invecchiano più migliorano. Steve Overland possiede una delle più belle voci rock in circolazione, e per quanto la musica degli FM venga sbrigativamente etichettata AoR, nel sound degli FM si trova ben di più, ed allo stato attuale la definizione che meglio li descrive è Classic Rock. Anche per loro quattro brani, tra cui la sempreverde ‘That Girl’ che nonostante i 40 compleanni rimane ancora uno dei loro pezzi più apprezzati.
Terminato il prefestival acustico, dopo esserci dissetati e rifocillati ci spostiamo nella sala principale, che si sta progressivamente riempiendo mentre i tecnici finiscono di mettere a punto il palco per il primo show di questa seconda giornata.
Cassidy Paris
L’onore di aprire lo spettacolo spetta a Cassidy Paris, che con i suoi 20 anni è stata subito adottatta come mascotte ufficiale di questo Frontiers. Cassidy arriva dall’Australia ed è figlia d’arte. Suo papà infatti non è altri che Steve Janevski dei Wicked Smile e dei Radio Sun.
Steve accompagna la figlia Cassidy in questa avventura che, apparizione al Frontiers a parte, la vede impegnata in veste di special guest nel tour europeo degli Harem Scarem. E quando diciamo accompagna, lo diciamo in senso letterale: babbo Steve è anche il bassista della sua backing band. Solare e frizzantina, Cassidy dimostra di aver già preso molta confidenza con il palco, muovendosi perfettamente a suo agio come una piccola Joan Jett che, a voler vedere, non è che fosse tanto più anziana quando iniziò a muovere i primi passi nel rock con le Runaways.
Non ha caso tra i pezzi proposti spunta proprio una cover di ‘I Hate Myself For Loving you’ di Joan Jett, accanto al nuovo singolo ‘Butterfly’ ed a una manciata di brani tratti dal suo album d’esordio tra cui una splendida ‘Here I Am’, che arriva direttamente dalla penna di Cliff Magness.
Il secondo ed il terzo slot della giornata sono occupati da Girish and The Chronicles e da Chez Kane.
Girish and The Chronicles
Smessa la veste acustica, la band indiana si manifesta in tutta la sua potenza elettrica. Il loro class-metal può ricordare da vicino gli Skid Row più aggressivi, anche grazie all’ugola cromata di Girish, che sul palco esplode in tutta la sua potenza. Per quanto non tutti i brani siano perfettamente a fuoco, quando imbroccano quello giusto, i GATC risultano devastanti.
Dopo averle sentite in versione acustica, ‘Hail To The Heroes’ e ‘Kaal’ ricevono ora il trattamento elettrico, e la differenza si sente eccome. Buone anche ‘Primeval Desire’ e ‘Rock’n’roll Is Here To Stay’, su cui brilla la chitarra di Suraz Sun.
Chez Kane
Tocca poi alla minuta Chez Kane prendere di petto (no pun intended) la situazione e lanciarsi sul palco per un vivace set che in mezz’oretta la vede presentare il meglio dei due album fino ad ora pubblicati. Album che nascono dalla strettissima collaborazione instauratasi tra Chez e Danny Rexon dei Crazy Lixx.
La sua backing band non rivoluzionerà la storia del rock, ma asserve la cantante con efficacia e potenza. Gli occhi del pubblico sono tutti per lei, complice anche la mise sfoggiata, che non a caso gli varrà il titolo di Miss Ciapèt del FRF. Scherzi a parte, la nostra Chez vocalmente non è l’ultima arrivata ed i suoi pezzi, per quanto legati indissolubilmente a sonorità 80’s, fanno la gioia degli appassionati di AoR.
‘All Of It’, ‘Nationwide’ e ‘Rocket On The Radio’ vivono di ritornelli accattivanti, di quelli che ti entrano in testa e non ne escono più. Per quanto ci riguarda, promossa a pieni voti.
Crazy Lixx
Tocca proprio a Danny Rexon e ai suoi Crazy Lixx dare il cambio a Chez Kane sul palco del FRF. I Crazy Lixx furono già ospiti in una precedente edizione del Festival ma essendo particolarmente amati dal pubblico italiano non ci stupiamo di questa nuova convocazione. Per i Crazy Lixx vale lo stesso discorso fatto per Chez Kan, il che non deve stupire dal momento che tra le due realtà esiste un’inossidabile comunione d’intenti.
Sempre alla ricerca del ritornello killer e di sonorità ottantiane, per chi scrive l’unico vero difetto di questa band è di non essere mai né troppo heavy né troppo melodici. I loro brani si mantengono sempre sulla linea di confine tra i due generi, il che li rende un po’ troppo ruffiani quando avrebbero invece tutti i mezzi necessari per focalizzare meglio il loro sound.
Ciò non toglie che i pezzi li hanno, ed in sede live spaccano non poco. Nella setlist troviamo per ovvi motivi ben tre pezzi dall’ultimo album “Thrill Of The Bite” (‘Hunt For Danger’, ‘Little Miss Dangerous’ e ‘Who Said Rock’n’Roll Is Dead) ed una rapida carrellata su tutti gli album precedenti.
Al vostro umile reporter però il pezzo che è piaciuto di più è la cover di ‘Sword And Stone’, scritta da Paul Stanley e Bruce Kulick insieme a Desmond Child, e portata poi al successo dai Bonfire. Per quanto ben si possa volere ai Crazy Lixx, quel pezzo è decisamente di un altro livello.
FM
Stiamo salendo sempre più verso le parti alte del cartellone, quelle riservate alle bands maggiori. Il quinto slot è riservato agli FM, anche se in tutta franchezza – avremmo preferito vederli ancora più in alto. La loro quarantennale carriera non ha mai dato segni di cedimento, e i tredici album che hanno alle spalle non hanno mai deluso. E dal vivo rendono anche più che in studio.
Steve Overland, 66 anni e non sentirli, possiede una voce che dovrebbe essere dichiarata patrimonio dell’umanità. Una voce prestata anche a mille altri progetti, non ultimi i Lonerider di Simon Kirke (Free/Bad Company) e i King Of Mercia al fianco di Jim Matheos e Joey Vera dei Fates Warning.
Gli FM hanno alle spalle un catalogo invidiabile, il che permette loro di approntare scalette in cui è praticamente impossibile scovare punti deboli.
Quella di questa sera è una scaletta double face, che celebra sia il sontuoso AoR dei primi due dischi, con brani di una bellezza quasi imbarazzante come ‘Tough It Out’, ‘That Girl’, ‘Someday (You’ll Come Running) e ‘I Belong To The Night’, sia le ultime produzioni in cui la melodia si sposa a sonorità e temi più affini al Classic Rock, senza disdegnare qualche escursione dai toni soul, che peraltro si sposano alla grande con la vocalità di Overland.
Ecco così scorrere piccole gemme come ‘Out Of The Blue’, ‘Turn This Car Around’ e ‘Digging Up The Dirt’, con la band assolutamente sincronizzata, e perennemente col sorriso sulle labbra.
Treat
La penultima band a salire sul palco del Frontiers Rock Festival arriva dalla Svezia. Stiamo parlando dei Treat, un’altra istituzione in campo AoR/Melodic Rock che da 40 anni a questa parte sforna dischi di qualità e live show eccellenti. Guidati dal front-man Robert Ernlund e dal chitarrista Anders Wikstrom, gli odierni Treat non hanno alcunché da invidiare alle miriadi di band che la Svezia continua imperterrita a produrre.
I Treat onorano la loro presenza qui al Frontiers con un solido set stile greatest-hits, con un buon compromesso tra vecchio e nuovo. E se i fan più giovani hanno particolarmente apprezzato gli estratti da “Coupe De Grace” (‘Skies Of Mongolia’, ‘We Own The Night’) e da ‘The Endgame’ (‘Freudian Slip’), quello più âgée ha lettralmente adorato come la band sia risalita fino all’album d’esordio (“Scratch And Bite”) per poi addentrarsi in dischi per il genere imprescindibili come “Organized Crime” e “Dreamhinter”.
Winger
Anche la seconda serata volge al termine, ma all’appello mancano ancora i Winger, che per popolarità e longevità sono da considerare la band più importante che apparirà in questo Festival. Tra l’altro questo show è parte di quello che lo stesso Kip Winger ha definito come il tour dell’addio alle scene, potete quindi immaginare quali fossero le aspettative nei confronti della loro esibizione.
I Winger questa sera si presentano a ranghi completi, con la formazione originale che vede il buon Kip avvalersi di Rod Morgenstein (batteria), di Paul Taylor (Chitarra, tastiere) e delle chitarre di Reb Beach e John Roth. Il concerto si apre con ‘Stick The Knife And Twist’ dall’ultimo album “Seven”, ed intuiamo subito che i toni della serata saranno tutt’altro che delicati: volume micidiale, e taglio dei pezzi decisamente heavy, a volte perfino troppo per quello che è il sound per cui la band è diventata famosa.
Non è la prima volta che accade: evidentemente dal vivo Kip ci tiene a esternare la potenza di cui può essere in grado la sua band. Ci aspettavamo un Paul Taylor più concentrato sulle tastiere, ed invece spesso e volentieri lo abbiamo visto affiancarsi a Reb Beach e John Roth, per un vero e proprio assalto frontale a tripla chitarra.
Kip non è apparso particolarmente affabile questa sera, probabilmente anche a causa dei problemi tecnici che hanno afflitto lo show, non ultima anche una interruzione piuttosto lunga, causata un problema alla chitarra di Reb Beach durante ‘Milew Away’ che di certo non ha reso l’ambiente più sereno.
Detto questo, i brani dei Winger son talmente belli ed apprezzati che neanche i problemi tecnici e l’eccesso di potenza ne possono sminuire. ‘Seventeen’, ‘Rainbow In The Rose’, ‘Down Incognito’, ‘Headed For A Hearbreak’ hanno fatto comunque breccia nei cuori dei fan, a cui Winger ed i suoi regallano un’ultima emozione nei bis, chiudendo lo show con due pezzoni come ‘Blind Revolution Mad’ e ‘Hungry’, sulle cui note la and si eclissa dietro al palco, la qualcosa non è che abbia propriamente entusiasmato.
Anche per questa sera il Festival si è concluso, non resta che rimandarvi alla prossima puntata: la terza e conclusiva giornata di un festival che, fino a questo momento, ha mantenuto tutto le aspettative.