
Enrico Ruggeri, dentro la caverna di Platone
«Il libero pensiero ha un prezzo da pagare»
Così canta il Rouge ne ‘Il Poeta’, uno dei brani più ficcanti tratti dalla sua ultima fatica discografica, l’autoprodotto “La Caverna di Platone”
Roma, 03 Aprile 2025
Ed in effetti c’è qualcosa che non quadra, che non mi torna. C’è l’impressione che il cantante milanese stia pagando qualcosa alla sua neppur troppo recente attitudine nel ribellarsi al pensiero unico, quello che per decenni ha guidato come automi troppi protagonisti della scena musicale italiana. Si potrebbe altresì legittimamente obiettare che Ruggeri ha avuto in dote negli ultimi tempi l’opportunità di condurre una trasmissione sulla RAI, “Gli Occhi del Musicista”, il che lo rende ipso facto qualcosa di ben lontano da un martire. E tutto sommato non siamo qui per investigare se il Rouge sia o meno nelle grazie dei poteri occulti dell’industria discografica dello Stivale, quindi ci teniamo il dubbio e ci godiamo il concerto.
Di sicuro, l’idea di esibirsi, come già avvenuto a Milano, in un club come il Largo, risulta vincente. Rispetto all’asettica perfezione formale dell’Auditorium, la scelta del locale dislocato sulla Via Prenestina consente di evidenziare la mai sopita attitudine Rock a tutto tondo del nostro, che ha brandito la chitarra lungo quasi l’intero corso della sua esibizione, ponendosi alla guida di un intimidatorio tridente completato dalle asce dei Giovanni ‘Johnny’ Gimpel e del piemontese Sergio Aschieris, latore quest’ultimo di un’immagine che lo vedrebbe, beato lui!, perfettamente a suo agio tra le fila di gruppi di hard rock stradaiolo quali Quireboys o Faster Pussycat. La band in effetti pare già rodatissima, pur presentando almeno un elemento nuovo di zecca, il bassista Matia Maccaferri, dotato per inciso di una voce ‘importante’ non meno della sua curatissima barba. A completarla ecco dietro ai tamburi Phil Mer, già ammirato al seguito dei Pooh, ed il fedele tastierista Francesco Luppi.
Stabilita l’assoluta affidabilità della macchina che lo accompagna, Enrico ha dimostrato per l’ennesima volta la sua abilità nella guida: fuor di metafora, e al netto di una forma non impeccabile della sua voce, l’ex leader dei Decibel ha sciorinato un repertorio assai composito ma quasi sempre vincente, che lo ha visto saltabeccare spregiudicatamente fra le composizioni tratte dall’ultimo album e antichi, consolidati successi. Ecco quindi da un lato le convincenti ‘Arrivederci Addio’ e ‘Il Cielo di Milano’, con il suo ammiccante coro “piovono rose e spade”; e dall’altra parte l’indimenticabile ‘Polvere’, resa letteralmente assassina da un arrangiamento azzeccatissimo, ‘Contessa’, l’hit dei Decibel con cui il me bambino entrò in contatto per la prima volta, ormai 45 anni fa, con la proposta musicale del cantante milanese, l’ammiccante ‘Peter Pan’ e l’inevitabile ‘Mistero’, trionfatrice al carosello sanremese nel lontano 1993.
Non potevano mancare tracce dell’avventura autoriale di Ruggeri, segnatamente ‘Quello che le donne non Dicono’, pietra angolare della carriera di Fiorella Mannoia, e ‘Il Mare d’Inverno’, originariamente portata al successo da Loredana Bertè. Brano quest’ultimo peraltro introdotto dall’immortale tema pianistico della ‘Firth Of Fifth’ genesisiana; e fa riflettere che il medesimo omaggio alla celebre Prog band inglese sia abitualmente reso in concerto anche da entità ingiustamente prese sotto gamba quali la Bottega dell’Arte e i Cugini di Campagna!
Caro Rouge, avrai sempre il diritto di andare controcorrente e dire quello che credi: non solo perché sono spesso d’accordo con le tue opinioni, ma soprattutto perché resti un dannato animale da palco.