Il 15 novembre 2015 è stato organizzato un incontro di lettura con Emidio Clementi e sono emozionata all’idea di scoprirlo in una veste così intima: se nella mia vita ho assistito a numerosi house concert, è vero anche che questa è la prima volta che partecipo ad un house reading.
Arrivo all’orario prestabilito dall’organizzazione (Rien 21) in una bellissima casa nel centro di Firenze ed Elisabetta, colei che ha messo a disposizione la location, accoglie calorosamente e con un bel sorriso i guest, i partecipanti.
Emidio Clementi, il nostro Mimì, è già seduto su una sedia posizionata nel centro di un salotto animato: con le sue lunghe gambe accavallate, un libro tra le mani, ci sorride.
«Buona sera, dunque possiamo iniziare, ho un treno che mi aspetta tra poco più di un’ora, ho un impegno con le mie bambine».
Prima di iniziare ci spiega brevemente che ci leggerà solo tre racconti tratti del suo libro “La ragione delle mani“, perché crede che sia il giusto compromesso tra l’attenzione e la noia dell’ascoltatore – e lui non vuole annoiarci.
In realtà, alla fine leggerà solo due racconti poiché il tempo è tiranno e tra la lettura e qualche battuta, i minuti scorrono via velocemente.
Ma andiamo per gradi.
Il primo racconto, sostiene Emidio Clementi, è ispirato ad una situazione analoga a quella che stiamo vivendo: parla di un’artista che viene invitato a partecipare ad un house concert a casa di un suo grande ammiratore e Mimì coglie l’occasione per precisare che tutti i suoi racconti sono ispirati a storie vere e a personaggi reali, ai quali lui ha cambiato soltanto il nome.
Stefano, il protagonista di ‘Il tatuaggio‘ è un’artista che ha conosciuto la fama, l’ha assaporata e durante lo svolgimento della storia ne conosce il declino. Nel momento del pieno sconforto viene contattato da un suo grande ammiratore che gli propone di partecipare ad uno show organizzato nella sua casa, per lui e i suoi amici. Insomma, un regalo che si vuole fare. La voce di Emidio Clementi, accarezza le parole, a volte sussurrate, a volte marcate con tono pieno; sembra di assistere alle prove di lettura di un copione. Guardandomi intorno non posso non pensare che la situazione è surreale: sono qui, seduta in una salotto di una casa sconosciuta e circondata da gente mai vista prima. Eppure, quest’uomo con le sue parole riesce a rapirci tutti e a coinvolgerci nel momento, eliminando le barriere dell’indifferenza.
Ci guardiamo negli occhi, ci sorridiamo, soddisfatti e rapiti.
Il secondo racconto, ‘L’impresario‘, ci spiega Mimì che è ispirato al personaggio del nonno di sua moglie, del quale ci racconta qualche aneddoto e ne traccia una personalità molto sopra le righe. L’ormai anziano signore, nel racconto prende il falso nome di Achille Santini, l’impresario «che ha portato il jazz a Bologna».
“L’umanità era divisa tra chi affrontava la vita in battere e chi decideva di farlo in levare. E poi c’erano quelli come me, i più audaci, che si muovevano marcando il tempo in mezzo ai due accenti”
È ultrasessantenne, Achille Santini, un tempo celebre promoter che è riuscito a portare in Italia personaggi quali Miles Davis e João Gilberto, non senza molte peripezie dovute ai caratteri per così dire “difficili” dei due artisti – ed ora vive da tre anni in un albergo, rinnegato dalla famiglia.
Anche leggendo questo racconto Emidio Clementi, cattura l’attenzione ma il tempo scorre troppo velocemente: un giro di battute poi guarda l’orologio, ha fretta deve andare, non può perdere il treno.
A quel punto, con la solita sfacciataggine che mi contraddistingue, mi alzo e faccio una proposta: «Se non hai paura ti porto io in stazione, in moto!».
Lui mi guarda, sorride incredulo ed esclama: «Davvero? Grazie mille, accetto».