Duran Duran live a Firenze: inossidabili e sempiterni

Sull’onda del grande successo di Taormina, Roma e Verona, il 10 giugno a Firenze il Pop con la “P” maiuscola.
Il “Paper Gods Tour 2016” segue l’uscita del quattordicesimo album dei Duran Duran: nonostante sia ormai passato un certo numero di anni dal momento del loro massimo splendore, Simon Le Bon e compagni confermano anche in questa occasione di riuscire sempre a coinvolgere il pubblico in maniera assoluta.

All’ingresso della Visarno Arena c’è la coda delle grandi occasioni: persone arrivate un po’ da tutta Italia, alcuni fan club storici, gruppi di amici che approfittano dell’evento per organizzare una “reunion”. Ma anche molti che negli anni ’80 sono nati e che non hanno vissuto in prima persona il periodo di massimo successo degli ormai ex ragazzi inglesi.

La calma che precede l’inizio del concerto è solo apparente: il cielo è ancora chiaro, le luci del palco si accendono e partono le prime note di ‘Paper Gods‘ con la band che sale sul palco.
Le signore in parterre impazziscono, e ritornano all’improvviso agli anni in cui avrebbero voluto sposare Simon Le Bon.
Subito a ruota la scaletta prevede ‘Wild Boys‘, ed è il delirio è totale.

I Duran Duran alternano nuovi brani alle pietre miliari del vecchio repertorio che fanno parte del bagaglio musicale di chiunque ami il pop, e la risposta del pubblico agli ultimi lavori è più alta del previsto.
È naturale che pezzi quali ‘Notorius‘, ‘Hungry Like The Wolf‘, ‘A View To a Kill‘, ‘Girls On Film‘ (giusto per citarne alcune) siano vissute con più coinvolgimento, ma anche i brani recenti sono stati comunque tutti più o meno correttamente cantati – e naturalmente ballati.
Segno anche questo che negli anni la band ha saputo mantenere alto il livello di interesse del proprio pubblico senza mai abbandonare il proprio stile.
Non solo quindi l’apprezzamento da parte di fan scatenate che esultano ad un solo passettino con giravolta di Simon Le Bon (peraltro, sempre molto composto sul palco) o a un «buonasera Firenze» di John Taylor, ma anche da parte di un pubblico diciamo un po’ meno di parte.

Il live scorre veloce, il ritmo è alto (a differenza del volume, che invece non eccede), la partecipazione è totale. In questo clima di festa arriva il breve medley ‘Space Oddity/Planet Hearth‘ (già presentato anche a Roma).
Niente di eccelso, nessun arricchimento forzato o frase di troppo: il giusto omaggio a David Bowie nel massimo della semplicità.

Da qui in poi un crescendo continuo verso il finale con ‘Ordinary World‘, ‘Sunrise‘, ‘New Moon On Monday‘ (fantastica), ‘The Reflex‘ (delirio totale) e la presentazione della band con le relative ovazioni da parte di ragazze e signore con indosso le magliette ufficiali del tour. Gli ultimi due brani sono ‘Save a Prayer‘ e ‘Rio, forse due dei più bei pezzi della loro discografia e sicuramente fra i più emozionanti di tutta la serata.

Quello dei Duran Duran è stato un live che ha saputo coinvolgere tutti senza eccessi o effetti particolari: semplice e fine nella rappresentazione dei brani, sempre fatta con grande stile.

 

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Daniele Fanti

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Amo il rock in tutte (o quasi) le sue espressioni. Alla disperata ricerca di un metodo efficace contro le dipendenze da prog, new wave e indie.

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