Duke Garwood e Smoke Fairies live a Torino: bluesman e bluesgirls

Duke Garwood ha pubblicato da poco un nuovo album, “Garden of Ashes”, e passa in Italia per qualche concerto. Oggi (25 febbraio) è a Torino insieme alle Smoke Fairies: che sorpresa! Trattasi di un duo che ascoltavo su Spotify qualche anno fa.

Sono con Chicco, amico pazzo e paziente che ogni tanto mi accompagna ai concerti (Buñuel, Zen Circus, Black Mountain…). Eroicamente si presenta anche stasera 25 febbraio a Spazio 211 nonostante non abbia idea di chi suoni.

Quella con Duke Garwood e Smoke Fairies è una serata blues, nel senso più autentico della parola, se ricordiamo che blues vuol dire tristezza, malinconia, pensiero fisso che non si schioda dal cervello e basta a se stesso per farsi ritornello. Il blues ha pochi semplici ingredienti, e puoi cucinarli come vuoi. Però quegli ingredienti si devono sentire, e se si perdono non hai fatto blues, hai fatto il furbo.

Chi immagina cose da pub tipo ‘Hey Joe’ e ‘Sweet Home Chicago’ + ore di assoli + presentazione dei componenti della band è sulla pagina sbagliata. Il blues è purtroppo eternamente fuori moda, e quello “in minore” ancora di più.

Gli artisti di oggi non sono accomunati soltanto dal genere. Anche la tecnica è simile: sia Duke che le ragazze suonano con le dita, senza plettro, solo arpeggi e carezze. Quelli che suonano così si contano sulle dita di una mano. Gli unici che mi vengono in mente sul momento sono Mark Knopfler dei Dire Straits e in Italia Drigo dei Negrita: anche loro sono partiti dal blues, per approdare però a lidi molto diversi.

Altra cosa che condividono è il palco, perché le Smoke Fairies faranno da coriste in molti pezzi di Duke Garwood.

Si inizia. Le Fate di Fumo (Smoke Fairies) sono Jessica Davies (la bionda) e Katherine Blamire (la mora). Jessica dice che è la prima volta che vengono a Torino. In realtà, se devo proprio fare il precisetti, qualche tempo fa sono state ad Asti che è praticamente dietro l’angolo.

Incrociano arpeggi, si alternano e si armonizzano al canto, sospendono il tempo per una quarantina di minuti. È raro vedere una donna suonare quel genere lì con una chitarra addosso. L’uomo ha dita svelte e istintive, stringe forte lo strumento e approfitta della libertà di sbagliare. La donna ha dita fini e composte, si approccia alla chitarra come fosse un pianoforte, non spettacolarizza mai con mimiche e pose.

Durante il cambio palco le Smoke Fairies vengono chiamate da due fan e da lì si crea un banchetto improvvisato in un angolo del palco in cui il pubblico compra i cd.

Ma è tempo che entri Duke Garwood, accompagnato dal batterista Paul May. La sua voce scende negli inferi come quella di Mark Lanegan, e lì vibra come ultima fiammella sulla cenere. Si sa che i due si stimano, si vogliono bene, hanno registrato e suonato dal vivo insieme.

Duke è molto concentrato sulla chitarra, ne fa strumento espressivo esaltando le sfumature. Ci sorride, ci ringrazia, “beautiful audience” (mi sa di una di quelle frasi che dice spesso!).

Mentre la gente defluisce, io e Chicco rimaniamo a bere amari seduti a un tavolino. Escono dal camerino Jessica e Katherine, dentro i loro cappotti, con i loro trolley, qualcuno porterà in albergo gli strumenti al posto loro. Non ne abbia a male Duke Garwood se stavolta abbiamo parlato più delle Smoke Fairies. E quando le ragazze se ne vanno, beh, la serata è finita.

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