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Dream Theater

Dream Theater, un sogno lungo quarant’anni

A Milano un Forum strapieno celebra il quarantennale dei Dream Theater

Un concerto reso ancor più speciale dal ritorno di Mike Portnoy

Milano, 26 ottobre 2024

Sono da poco trascorse le 23:00 di un venerdì sera meneghino, e tutto il pubblico accorso fin quasi a riempire l’Unipol Forum di Assago cerca di recuperare quel poco di voce che gli rimane dopo aver cantato a squarciagola ‘Pull Me Under’, il pezzo che chiude questa storica serata.

James LaBrie, John Myung, Jordan Rudess e John Petrucci si radunano al centro del palco per salutare e contestualmente raccogliere la doverosa ovazione tributatagli dai fan italiani, subito raggiunti da Mike Portnoy. Avvolto nel suo solito sobrio accappatoio in perfetto stile Rocky, Mikey sopraggiunge dalle retrovie dopo aver abbandonato quella specie di astronave che è il suo drum-kit. Il suo volto è radioso, ed esprime quella felicità tipica dei bambini in un negozio di caramelle. L’espressione dipinta sul suo volto non lascia adito a dubbi, glielo si legge in faccia: sono tornato a casa.

Di fatto, quello che dovrebbe essere il tour che festeggia (in largo anticipo, diciamolo) il quarantesimo anniversario dei Dream Theater si è trasformato sotto i nostri occhi nella celebrazione del figliol prodigo, ritornato dopo 13 anni di assenza nel posto che gli compete, in seno alla creatura che ha fondato e che ha spinto – a colpi di tempi dispari – negli annali della storia del rock. E portando con sé con quel refolo di calore umano che, con l’avvento di Mangini, i Dream Theater parevano aver definitivamente perso per strada, arroccati nella loro glacialità.

Quella di Portnoy fuori dai Dream Theater è comunque una storia di grandi successi. Dopo aver aiutato gli Avenged Sevenfold ed i Twisted Sister a superare la morte dei rispettivi batteristi, ha trovato la sua valvola di sfogo affiancandosi a nomi illustri del mondo del rock, a cui si è un unito per dar vita ad una pletora di formazioni all-star, dai Transatlantic ai Winery Dogs passando per gli Adrenaline Mob, i Flying Colors, i Metal Allegiance ed infine i Sons Of Apollo. Caspita, ci è pure capitato di vederlo suonare in un buco come il Legend, a pestare sui tamburi per conto di Damon Fox e dei suoi Bigelf.

Mike Portnoy
Mike Portnoy

Tornando alla mera cronaca del concerto, il quarantennale del Teatro Del Sogno vede la band prendere posizione sul palco sulle note del ‘Preludio’ di Bernard Herman (colonna sonora di “Psyco“), e senza indugio attaccare con uno suoi dei pezzi forti, quella ‘Metropolis I’ che da “Images And Words” si evolverà poi in quel che probabilmente va considerato il loro album di maggior impatto, “Metropolis Pt.2: Scenes From A Memory”, da cui ascoltiamo in successione anche ‘Overture 1928’ e ‘Strange Déjà Vu’. Che i Dream Theater siano una perfetta macchina da guerra non è un mistero, ma a volte anche la più perfetta delle macchine da guerra rischia di finire in panne se negli ingranaggi ci finisce della sabbia, ed in questo caso la sabbia è la voce di LaBrie.

Non che la cosa ci sorprenda, sono oramai anni che LaBrie rappresenta una liability in casa Dream Theater, e questa sera pare non fare eccezione. Il che dispiace, anche perché ad uno come LaBrie – protagonista assoluto di una gemma come ‘Images And Words’ – ci si affeziona. Non resta che abbozzare e lasciarsi trascinare dagli altri quattro, che per – dirla tutta – stan tirando giù il Forum di Assago.

Il palco si presenta tutto sommato spartano, con un maxischermo posteriore su cui scorrono i visuals che corroborano quanto viene suonato dal palco, e gli schermi laterali che offrono spettacolari inquadrature close-up sulle dita di Petrucci o sulle scorribande tastieristiche di Rudess. La cui tastiera, insieme al fantasmagorico drum-kit di Portnoy, costituiscono il punto di attrazione per gli occhi dei fan: entrambi gli strumenti sono semplicemente spettacolari sia dal punto di vista tecnico che da quello estetico.

Il primo set prosegue con un estratto da “Awake” (‘The Mirror’), subito seguita da ‘Panic Attack’ e da ’Barstool Warrior’ che ci permette di vedere come se la cava il buon Mike con i pezzi del periodo Mangini (nel secondo set troveremo infatti anche ‘This Is The Life’). Con ‘Costant Motion’ ed una trascinante ‘As I Am’ si conclude la prima parte dello spettacolo.

La decina di minuti di intervallo vengono interrotti quando sul maxischermo scorre un video celebrativo dal sapore quasi rushiano che riporta la band sul palco. Tocca a LaBrie annunciare che a inizio 2025 uscirà il nuovo disco della band, e mentre sullo schermo ne appare l’artwork, il buon James ci avvisa che il prossimo pezzo sarà proprio l’appena rilasciato nuovo singolo ‘Night Terror’, un buon brano tipicamente dreamtheateriano, ma che a nostro parere nulla toglie e nulla aggiunge a quanto già espresso dalla band nei precedenti quaranta anni.

James LaBrie
James LaBrie

A parte questo, il secondo set viene reso goloso da una superba ‘Under a Killing Moon’ e dalla chilometrica ‘Octavarium’ che fanno impallidire le pur valide ‘Vacant’ e ‘Stream Of Consciousness’. Nota positiva, la voce di Labrie brano dopo brano pare si sia scaldata a sufficienza per raggiungere quel minimo di stabilità necessaria per renderla quanto meno ascoltabile, come potremo apprezzare nel gran finale di concerto.

È infatti arrivato il momento degli encore, qui giocata con un tris d’assi portentoso che mette in fila due pezzi di punta di “Metropolis pt.2”, ‘Home’ e una ‘The Spirit Carries On’ che fa accendere le torce di una decina di migliaia di smartphone, prima della cavalcata finale con quella ‘Pull Me Under’ di cui si diceva ad inizio di report.

Abbiamo tagliato abbondantemente il traguardo delle tre ore, e mentre la band si dedica alle foto-ricordo della serata osserviamo sullo schermo la felicità dipinta sul volto di Portnoy, e quella del pubblico che inizia a defluire dal Forum, stanco ma visibilmente soddisfatto e certamente impaziente di rivedere all’opera il Teatro Del Sogno, quando tornerà – presumibilmente il prossimo anno – per promuovere il nuovo “Parasomnia”.

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