
Coca Puma: la voce fiabesca e raffinata di una generazione
Coca Puma si conferma una realtà della musica indipendente italiana
Nu-soul, funky, elettronica, dream pop e non solo nel concerto romano dell’artista
Roma, 2 Marzo 2025
Avevo inserito in agenda il concerto di Costanza Puma, d’ora in poi Coca Puma, perché penso che una delle funzioni di chi scrive di concerti sia quello di setacciare il mondo della musica indipendente. Un microcosmo popolato spesso da eccellenti artisti che faticano ad emergere, spesso per motivi che poco hanno a che vedere con la qualità della loro proposta. Sollevare il coperchio della pentola nella quale restano per troppo tempo in ebollizione, dando loro un pizzico di ribalta in più, nella speranza di farli diventare meno “emergenti” di quanto siano.
Ma se c’è una cantautrice alla quale la parola “emergente” si adatta poco, questa è proprio l’artista romana. Durante il periodo di Natale, la copertina di “Panorama Olivia”, suo primo disco uscito nell’aprile 2024, giganteggiava sui megascreen tra grattacieli di Times Square, promossa da Spotify. Precedentemente aveva già avuto modo di dar prova del suo talento compositivo lavorando a colonne sonore cinematografiche. L’ultima in ordine di tempo, quella di “Quasi a Casa”, film di Carolina Pavone.
L’attenzione che gira intorno al suo nome mi è confermata quando, lungo la strada che mi porta verso il Monk scorgo una spettatrice d’eccezione. Quell’Emma Nolde che due giorni orsono faceva vibrare il Monk all’unisono con la sua musica e le sue vibrazioni. Se non bastasse, a fugare ogni dubbio, c’è una sala concerto affollata oltre le aspettative: le mie aspettative. Perché, a quanto pare, Coca Puma è un’artista che a buon titolo può fregiarsi dell’aggettivo “generazionale”.

Causa febbre a 39 e mezzo salta l’opening di Sara Berts, compositrice e sound artist torinese. Sostituita da un dj set di Oro, ma presente, in semicontumacia, nelle immagini del suo live al Teatro Basilica di Roma che scorrono sul videowall di fondo palco. Alle venti è il momento di Coca Puma. Inseparabile cappello a tesa larga, calato a nascondere parte del volto. Si sistema dietro un sintetizzatore digitale. Sul palco la accompagnano Davide Fabrizio alla batteria, Stefano Rossi al basso e al Moog, Antonio Falanga alla chitarra. A questi si aggiungerà, alle congas, nella seconda parte del concerto, il percussionista Rosario Ceraudo.
L’intro d’apertura è uno strumentale con tessiture oniriche e d’atmosfera, a richiamare certe sonorità new age tardo anni Ottanta. Su di essa si inserisce la voce lieve e carezzevole, che in ‘Lupo Volkswagen’, delinea dimensioni indefinite ed eteree. ‘Porta Pia’ è un pezzo adottato come inno dalla generazione dei ventenni. Si regge su un lento tempo terzinato in cui jazz e dream pop confezionano un brano che potrebbe essere l’altra faccia della luna della Nada di ‘Ti stringerò’ portata ai nostri giorni e rivisitata in chiave moderna.
Ma la sua matrice è senza dubbio costruita sul modello della musica nera. Soul, anzi “nu soul” come dicono quelli bravi, funky, contaminato non di rado dai colori del Moog, che introducono sonorità tipicamente Settanta. ‘Tardi’ si muove sulla stessa falsariga di ‘Porta Pia’, ma con una coda strumentale improvvisa, aperta dall’attacco di un piano che richiama il Battisti di ‘Nessun Dolore’. La progressione armonica sostiene un’imponente crescendo con i synth a farla da padrone per poi sorprendere improvvisamente con una decisa virata verso il mondo Radiohead.
Salvo qualche eccezione, le canzoni sono brevi, a volte troppo. In alcune di esse il finale arriva in modo eccessivamente brusco, prima ancora di gustarsi appieno il sapore di un brano. È un peccato, perché, date le doti musicali di Coca Puma e della sua band, potrebbero e dovrebbero, dato il contesto live, acquistare maggiore respiro e ritagliarsi maggiore spazio. Insomma, con due synth a disposizione, potrebbe giocarsela meglio.
E magari anche prendersi la scena con più arroganza. Certo, chissà che non sia una scelta stilistica, lo stare sul palco quasi in disparte, lasciando vuoto il centro della scena, occupato solo in rari momenti. Con buona probabilità si tratta semplicemente di emozione e di naturale timidezza. Forse ancora deve acquisire maggiore consapevolezza sul palco e ultimare il suo processo di maturazione artistica. O magari è proprio questo suo non sentirsi un animale da palco ad avvicinarla ancora di più al suo pubblico. Una nuova generazione di artisti per una nuova generazione di pubblico.
Perché i pezzi stanno comunque in piedi e hanno una caratterizzazione precisa. ‘Sangue Nelle Vene’ è il pezzo più tirato e frenetico. Racconta di averlo scritto in un momento di rabbia. Bpm parecchio alti e forse timbrica vocale non è delle più adeguate a veicolare il sentimento dell’ira. Il dreampop elettronico torna protagonista in ‘Notte’, così come in ‘Non Ci penso’, con un flusso ritmico finale che strizza per la seconda volta l’occhio alla ditta Yorke & Greenwood.
Ma, come già accennato, il substrato più profondo di Coca Puma, che orienta le coordinate della sua espressività affonda le radici nel continente americano. Il soul, il funky, ma anche omaggi al Brasile, sui quali spesso finiscono con l’inserirsi una cassa dritta e sequenze simil techno. L’elemento sudamericano è marcato in ‘Quasi a Casa’, tema principale della colonna sonora dell’omonimo film di Carolina Pavone. ‘Come Vuoi’ è una cavalcata pop -funky, impreziosita dalle svisate di synth sopra il lavoro della sezione ritmica.
Il saluto finale è una canzone pensata e scritta per Lou Doillon, figlia di Jane Birkin e protagonista di “Quasi a Casa”. Il rifiuto dell’attrice ha indotto l’artista romana a rompere qualsiasi indugio, appropriandosene e inserendola a chiusura dei suoi live set. Brano connotato da sonorità anni Ottanta con un impronta dance a trascinare un pubblico giovane e già affezionatissimo.
L’esame del live è superato. La band funziona, buone sono le idee musicali sulle quali costruisce i brani. Le influenze presenti nelle canzoni sono molteplici e attingono a diversi generi, a testimoniare un’eterogeneità di ascolti che hanno contribuito a formare il suo universo musicale. Coca Puma ha intercettato le istanze di parte della sua generazione, traducendole in una proposta musicale certo non rivoluzionaria, ma che promette di regalarci sicuramente bellezza in un prossimo futuro.