Milano, 18 novembre 2019
Il Fabrique di Milano diventa un’arena del pop internazionale ospitando l’unica data italiana per l’autunno 2019 di Charli XCX.
Britannica, iconica, contemporanea, Charli XCX ha pubblicato a settembre il terzo album, “Charli”, con il quale si è spinta in alto nelle classifiche di tutto il mondo coniugando melodie accattivanti, temi rilevanti ed elaborazioni à la page.
Ci si scalda con la performance di Dorian Electra, concentrandosi più sulle movenze che sul cantato.
Basi -ovviamente- elettronicheggianti, sincopate e condite da parecchi stop and go, per una rombante oscurità di suoni compressi e vibrati.
Il look di Dorian Electra, sfavillante di nero e argento, contrasta con la struttura essenziale e disarticolata dei brani, almeno fino a quando non si sfocia in un luminoso e glitterato richiamo agli anni Ottanta, cornice di uno stage diving finale accolto con entusiasmo dal pubblico.
Charli XCX si presenta in modo aggressivo, mettendo in campo basi scarne e autotune pesante, dimenandosi ossessivamente e spostandosi sul palco con energia travolgente.
La voce arriva in presa diretta, o quasi, solo nei passaggi parlati e rappati, ma lo fa a modo.
L’impatto visivo è importante ma non stordisce, picchiando con le luci e con i bassi e accompagnando le aggressioni verbali di ‘Vroom Vroom‘, con molta più empatia che nel lento.
Il canto pulito di ‘Gone‘ avvia una fase multicolore e piano piano meno tarantolata, l’energia e l’aggressività di Charli XCX viene espressa in maniera un po’ robotica, con la discoteca che comunque è sempre dietro l’angolo, e far saltare il pubblico è un esercizio fin troppo semplice.
‘Thoughts‘ arriva dopo un cambio d’abito che segna il passaggio sentimentale e melodrammatico, e ‘White Mercedes‘ porta sul palco il pop più vero, semplice e leggero, fatto di pieni polmoni e gorgheggi.
Numerosi e variopinti ospiti accompagnano Charli XCX in una situazione di agitazione e di disordine pubblico collettivo, giù in platea e sopra il palco, con ‘Shake it‘ e ‘I got it‘ che lanciano un messaggio universale ed inclusivo al suo pubblico, quello vero, privo di pregiudizi e libero di esprimersi.
Si rientra nei ranghi di una melodia cantata e canonica con ‘Blame it on your love‘, lasciandoci un po’ il dubbio se in tutto questo ci siano troppe identità o nessuna identità precisa, ma le riflessioni vengono scacciate nel finale di ‘2099‘ che fa riemergere una buona quota sindacale di tamaraggine.
Il rientro col bis è ancora più spinto e discotecaro, ‘Unlock it‘ regala il passaggio iconico del ritornello cantato in piedi sulla transenna, precisa e in presa diretta è la celeberrima ‘I love it‘ delle Icona Pop che trasforma il Fabrique in uno stadio.
Il picco r’n’b della serata è la linea sinuosa, effettata ed elaborata di ‘Boys‘, per chiudere infine facendo presa in modo semplice e nostalgico, con ‘1999‘ che riprende campionamenti della nostra infanzia, per chi ha qualche anno di più.
Perché Charli XCX è anche questo, coinvolgente e travolgente per tutti senza fare differenze e senza via di scampo.