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Beatrice Antolini, trame emotive ad alta intensità

Beatrice Antolini protagonista totale con il suo “Iperborea Tour”

Nella tappa bolognese l’artista rende omaggio a Paolo Benvegnù

Bologna, 10 gennaio 2025

Inauguro la stagione concerti anno 2025 con il live sognante di Beatrice Antolini al Covo Club di Viale Zagabria.

Se esistesse un elenco delle divinità del patrimonio musicale e culturale italiano, la poliedrica Beatrice Antolini ne farebbe sicuramente parte. Polistrumentista, cantante, compositrice. E ancora, direttrice d’orchestra e produttrice musicale. Antolini è artista a 360 gradi, una che si è fatta conoscere per la chirurgica capacità di spaziare tra diversi generi musicali.

In questi anni ha condiviso il suo talento multiforme con molti artisti, viaggiando dalla scena indie italiana (Manuel Agnelli, Baustelle, A Toys Orchestra) fino a varcare la soglia di territori post-punk internazionali (Lydia Lunch). Dal 2006 ad oggi, ha dato vita ad una serie di album sempre più audaci, guadagnandosi più che meritatamente un posto di rilievo nella scena musicale alternative di casa nostra.

Con 6 album alle spalle (dei quali il primo, “Big Saloon”, arrangiato, registrato e prodotto da sola a 24 anni) arriviamo oggi alla promozione del suo ultimo lavoro, “Iperborea”, un concept album uscito lo scorso ottobre.

Arrivo al Covo Club seguendo gli orari annunciati e ad aspettarmi c’è già una composta fila di fans. Non capita spesso di trovare persone in fila all’apertura cancelli. Il locale è gremito da un pubblico eterogeneo che spazia in diverse età.

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Beatrice Antolini

Sono le 22:37 quando Beatrice Antolini prende possesso del palco insieme ai suoi musicisti. Con lei stavolta Nicola Manzan al violino e synth, Luca Nicolasi al basso, Amudi Safa alla chitarra, Daniel Fasano alla batteria. Protagonista unico della prima parte del concerto è il susseguirsi in ordine preciso di tutti i brani dell’ultimo album.

“Iperborea” è un’opera di nove brani composti, arrangiati, registrati e prodotti dalla stessa Antolini. Raccontano la genealogia dell’Amore, dalla sua nascita alla sua crescita e conclusione. Il percorso descritto passa dall’incertezza verso fragili certezze, possibile solo attraverso la volontà di abbandonarsi all’ignoto e all’altro. Il sentimento di essere sospesi nel vuoto, ma al contempo legati a qualcuno, simboleggia la connessione con la vita e la realtà terrena, nonostante la sensazione di vacuità che si prova.

‘Timore’, il brano d’apertura, è l’esplorazione di un percorso frastagliato di incertezze e fragilità. Il pianoforte, protagonista del brano, accompagna il canto profetico e profondo di Beatrice Antolini. Il timore del cambiamento e dell’ingresso in una nuova dimensione esistenziale è bilanciato dalla consapevolezza che l’amore è quel filo che unisce tutte le esperienze umane.

La tensione iniziale, che sembrava incellofanare il palco, si è totalmente dissolta sulle note di ‘L’idea del tutto’, come foglie trasportate dal vento. Sul palco è energia pura. La gratitudine sincera che traspare dai suoi occhi durante gli applausi, dopo ogni brano, generano un’energia trasformativa e potente per quello successivo. È la capobranco, c’è un totale controllo di ogni piccola porzione sonora che dirige con lo sguardo. Trasuda consapevolezza e caparbietà in ogni movimento, in ogni nota.

Il pubblico è ipnotizzato: c’è chi lesòtutte, canta e balla anche i brani del repertorio passato e chi si fa trasportare dalle emozioni nel proprio viaggio interiore: un incanto.

Prima di passare alla seconda parte del concerto, Antolini si ferma e rende omaggio alla grandiosità di Paolo Benvegnù, recentemente scomparso. Lo fa con la cover di ‘Io ho visto’, i suoi occhi non celano la forte emozione per questo momento colmo di intensità. Un brivido mi attraversa. Ricorda poi la copertina n°43 di XL di Repubblica del 2009, quella in cui entrambi comparivano tra i vari ospiti di “Chi ha paura del buio” degli Afterhours.

Repubblica XL, copertina del nr. 43 in edicola nel 2009
Repubblica XL, copertina del nr. 43 in edicola nel 2009

Benvegnù era in fondo, con lo sguardo di profilo ad uscire oltre la copertina. Anche in quella fotografia se ne intravedevano l’eleganza e l’umiltà, il suo osservare oltre i confini della vita con un sorriso. Lei era in prima fila, ed ora che ha la stessa età di Paolo in quella copertina «non me ne fregherebbe più un cazzo di star davanti».

La sua scomparsa, difficile da metabolizzare, lascia una voragine incolmabile. Onorarne la grandezza artistica e umana non sarà mai abbastanza, così come non è mai stata abbastanza acclamata da molti degli stessi addetti ai lavori che ora lo piangono per riempire i vuoti lasciati dal loro stesso ego.

«Ringraziamo Paolo e ragioniamo su come funziona la musica in Italia» afferma Antolini seguita da numerosi applausi.

La seconda parte del concerto è un viaggio a ritroso nel tempo. Vengono proposti diversi brani estratti da “L’AB”, tra i quali ‘Forget To Be’, uno dei singoli che ne anticipò l’uscita nel 2018. Anche questo un album in cui ha creato ogni virgola musicale, scrivendo personalmente tutti i testi e le composizioni, suonando ogni strumento (chitarra, basso, batteria, percussioni, synth, piano e programmazioni elettroniche) e curando in prima persona arrangiamento, produzione, registrazione e mixaggio di ogni brano.

Non sono mancate esecuzioni ben più lontane nel tempo quali ‘Dromedarium’, tratta da “Beatituide” del 2014; ‘Now’ estratto da “Vivid” del 2013; ‘Venetian Hautboy’ da “Bioy” del 2010; fino a brani estratti da “A Due” del 2008. Un ritorno al passato, a quelle origini che sono nutrimento del domani.

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