Angel Olsen live a Milano: voce calda, occhi di ghiaccio

Primo giugno, inizia ufficialmente la stagione dei concerti all’aperto, e noi che facciamo?
Inauguriamo il mese rintanandoci al chiuso de La Salumeria della Musica di Milano per vedere e sentire Angel Olsen, in un clima tropicale che tutto il mondo ci invidia, Qatar incluso.

Giovane e già affermata, popolare ma con parecchio potenziale ancora da esprimere, la ragazza di St.Louis ha tre dischi all’attivo, espressione di un movimento a mezza via tra indie rock e rivisitazione del cantautorato folk. Per valutare se ha la stoffa dei migliori o se è solo una carta del mazzo, dobbiamo vederla salire sul palco.

Alex Cameron e il suo gruppo fanno da apripista: un sassofono impiegato a fasi alterne, una piccola batteria, una chitarrina, campioncini di synth, è tutto quanto -ino tranne la notevole statura del frontman, nella sua magrezza vestita di una t-shirt bianca. L’atmosfera è in pieno retro pop, Alex Cameron ha costantemente lo sguardo di chi non mette bene a fuoco cosa succeda intorno a lui, la musica possiamo definirla da cameretta. La voce è pienamente a suo agio sia quando viene spinta in alto, sia quando si fa più profonda e prende i toni bassi, più completa e meno banale.

Interamente vestita di bianco la band di Angel Olsen, a precederne l’entrata in scena, scura, in contrasto, con la chitarra nera. L’inizio è morbido, la voce è davvero importante ma è molto effettata e sorge il dubbio che non stia realmente cantando, mentre sul palco ci sono un sacco di chitarre e non sono praticamente sfruttate. Arriva il momento della prima scossa e sale il livello di baccano, il timbro vocale è potente senza che faccia apparentemente alcuno sforzo. Ancora non siamo sicuri che non si tratti di playback, finché non calano gli effetti e a quel punto si, abbiamo la conferma che la voce di Angel Olsen è reale. La presenza è fondamentalmente statica, forse per non surriscaldarsi troppo, nonostante ciò ha un carisma innegabile, solo in parte dovuto al fascino un po’ civettuolo.

Angel Olsen - Bologna

La struttura della musica non è per niente complessa, gioca su pochi accordi semplici sparati a volume alto, che creano un bel groove su cui Angel Olsen appoggia una voce fuori dal comune, come accade con ‘Not gonna kill you‘. Arriva il momento temuto e inevitabile del pezzo lento, marchiato da una voce truccata da effetti a riempimento e chitarre praticamente superflue, ma i vocalizzi sono più spinti che nel registrato e movimentano il tutto. L’unica vera traccia folk fino a questo punto la si è trovata nelle cravattine western dei musicisti del gruppo, ma ‘Sister‘ è il pezzo countryeggiante dalla vocina un po’ forzatamente gnegne con cui Angel Olsen si mostra anche un po’ gradassa, bullandosi e burlandosi del battimani del pubblico.

Angel Olsen - Bologna

Scende un po’ il down con una sequenza di pezzi lenti, a forte rischio noia ma che vengono abilmente scossi quando fa la voce grossa, il tempo di riflettere sull’ennessimo gioco somiglianza (Angel Olsen è innegabilmente identica a Julie Cooper, l’acidissima madre di Marissa in “The O.C.“), per poi finire il set alla stessa maniera in cui era iniziato, ‘Windows‘ a ritmo basso, voce impeccabile e plasticosa, finale apertissimo.

Ci starebbe bene un rientro sul palco in solitaria, ed è proprio quello che succede: il bis inizia con la voce alle corde e una leggera plettrata, la band si aggrega e fa salire prepotentemente il tiro, per poi procedere potente e con l’incedere marziale di ‘Fly on the wall‘ e chiudere definitivamente con un mood da cantrice delle storie del West. Doti musicali e soprattutto vocali innegabili per Angel Olsen, una bella presa indiscutibilmente rock, che si annacqua solo quando scende il ritmo. Non possiamo definirla una indie-folk-singer come tante, ci piacerebbe solo vederla sempre aggressiva, perché in quello diventa davvero peculiare.


Le foto si riferiscono al concerto di Bologna del 31/05/2017: vuoi vedere la gallery completa?
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Matteo Ferrari

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Nato nel 1984 nell'allora Regno Lombardo-Veneto. Un onesto intelletto prestato all'industria metalmeccanica, mentre la presunta ispirazione trova sfogo nelle canzonette d'Albione, nelle distorsioni, nei bassi ingombranti e nel running incostante.

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