Lo strepitoso ritorno degli Afterhours
La band di Manuel Agnelli parte da Bologna con un concerto denso, tirato, senza sbavature.
In formazione originale, il ritorno degli Afterhours fa riflettere sul vuoto lasciato dalla band in questi anni. Forse non sarà per sempre, speriamo duri almeno un po', oltre le celebrazioni di una ricorrenza importante.
di Stefania Nastasi 27 Giugno 2025

Bologna, 26 Giugno 2025 | Ph. © Cesare Veronesi
Quando è stata la mia prima volta con gli Afterhours? Me lo sono chiesta durante il viaggio verso Bologna. Gli anni ’90 erano già stati spremuti da un 2000 futuristico. Forse li vidi la prima volta, in un piccolo locale disperso nella pianura bresciana con un Manuel Agnelli vestito di bianco o forse era al vecchio Estragon in via Calzoni nella città felsinea? un frullatore di immagini e ricordi usciva dai bocchettoni dell’aria condizionata, in questo bollente pomeriggio di giugno.
Sicuramente non era ancora stato pubblicato Ballate per Piccole Iene, uscito nel 2005 e di cui questa sera ci ritroviamo a festeggiare il ventennale nella prima data del tour che vedrà Manuel Agnelli prendere possesso del palco del Sequoie Music Park, insieme alla formazione storica di allora. Ritroviamo quindi Andrea Viti al basso, Dario Ciffo al violino e chitarra e Giorgio Prette alla batteria. Con loro, Giacomo Rossetti alla chitarra e percussioni.
Il tempo sembra essersi fermato per restituirci intatta l’energia e la potenza di quell’album meraviglioso.
In questa giornata ci è stata raccontata anche un’altra storia, quella di un presente che dialoga con il passato attraverso la musica alternativa. Nel 2001 Agnelli lanciò il Tora! Tora!, una manifestazione musicale itinerante concepita per rispondere al disinteresse mostrato dall’informazione specializzata verso il movimento alternativo nazionale. L’obiettivo era dare risalto e sostegno alle proposte artistiche più innovative del panorama musicale indipendente italiano.
Dopo oltre due decenni in cui molte dinamiche sono cambiate, per rispondere a questa stessa esigenza, gli Afterhours per questo tour hanno scelto di coinvolgere diverse band emergenti come opening act. Sono state tutte selezionate dalla rassegna Carne Fresca: Suoni dal Futuro.
Questo progetto, attivo dal novembre 2024, ha già dato voce a oltre 100 giovani artisti emergenti presso il Germi di Milano. Ed è la dimostrazione tangibile di come Agnelli non si accontenti di celebrare il proprio passato artistico con gli Afterhours, ma continui a investire concretamente nel futuro della musica italiana, offrendo a questi giovani talenti l’opportunità straordinaria di misurarsi con palcoscenici importanti e di raggiungere pubblici più vasti.
La serata bolognese si è aperta con le esibizioni di Grida e Palea, due realtà emergenti del territorio modenese da tenere d’occhio.
I Grida si sono presentati con sonorità travolgenti e un’energia esplosiva, riuscendo a catalizzare l’interesse del pubblico che lentamente si affacciava nel parco del Sequoie. Suoni grunge impreziositi da contaminazioni sperimentali e sonorità stoner.

I Palea hanno proposto una visione acustica più articolata e sfaccettata, costruendo trame sonore dal carattere onirico, sostenute da chitarre distorte e vocalità eteree.

Dopo una lunga attesa, che ha caricato l’atmosfera di adrenalinica aspettativa, alle 22 in punto gli Afterhours fanno finalmente la loro comparsa sul palco, travolti da un’accoglienza che vibrava di festa ritrovata.
Il pubblico accoglie la band con un’energia già alle stelle, pronto a vivere un momento di festa collettiva. La set-list di questa prima parte segue fedelmente l’ordine dell’album, l’avvio è quindi affidato a La sottile linea bianca. Ma è quando risuonano le prime note di Ballata per la mia piccola iena che accade qualcosa di magico: il pubblico si trasforma in un organismo unico, avvolgendo gli Afterhours in un abbraccio fatto di voci, suoni, le prime lacrime, un unico fluido emozionale di corpi che si muovono all’unisono.
L’emozione è palpabile anche sul palco. Manuel Agnelli, in forma smagliante, è visibilmente commosso.
«Grazie, è incredibile, non ci aspettavamo così tanto calore, non suonavamo da 20 anni».
Le sue parole, cariche di riconoscenza e stupore, precedono la presentazione della band e cristallizzano un istante che sa di ritorno a casa dopo un lungo viaggio. La scenografia sul palco è molto minimale, composta da 5 pannelli video verticali che trasmettono video e fotografie diversi per ogni brano. Sul fondo campeggia un telo nero con il simbolo AHS.
Al termine di Il compleanno di Andrea, ultima traccia dell’album, gli Afterhours si ritirano per una breve pausa. La seconda parte del live è battezzata dalla suggestiva rivisitazione di La canzone di Marinella di De André.
Seguono brani storici del repertorio che infiammano il pubblico: Strategie, Germi, Lasciami leccare l’adrenalina, Dea, La verità che ricordavo, Male di miele, Quello che non c’è. Una maratona di brani che lascia senza fiato: mentre Agnelli e Andrea Viti saltano, continuano a saltare mentre io cerco di fuggire dal pogo delle prime file per preservare le ginocchia traballanti.
«Ho la bocca sfasciata dal caldo ma anche questo è rock’n’roll».
Manuel ringrazia spesso il pubblico e nel mentre i ricordi vanno agli anni in cui il suo animo era sufficientemente turbolento da fare gli scongiuri affinché tutto andasse bene. «Se penso agli insulti, mi incazzo come una bestia». Il suo essere animale, questa sera, è ciò che è emerso nella totale padronanza del palco, lasciando il pubblico rapito da tutta questa energia esplosiva.
Breve pausa, poi il ritorno più atteso: Non si esce vivi dagli anni ’80 esplode come un fuoco d’artificio, riaccendendo l’adrenalina nel pubblico ormai completamente in estasi. Ma è con la delicata e struggente Padania, suonata solo con l’acustica, che si tocca il cuore della serata. Manuel, con la voce ormai roca ma ancora magnetica, confessa un pensiero:
«Quando ho scritto questo pezzo, pensavo di aver sbagliato tutto… ora questo brano non è più per me… non pensavo sarei arrivato a fine concerto senza voce».
Le sue parole si perdono nell’aria carica di emozione, mentre il silenzio religioso del pubblico avvolge ogni singola nota. Poi Bye Bye Bombay riaccende definitivamente il fuoco sacro: i corpi si muovono come onde di un mare in tempesta, le voci si alzano al cielo in un coro spontaneo che sa di liberazione.
L’ultimo encore è un’apoteosi: Non è per sempre e Voglio una pelle splendida trasformano il Sequoie in una cattedrale sonora dove gli Afterhours sembrano al contempo angeli e demoni.
Quando le luci si spengono, dopo 2 ore di pura magia, resta il silenzio carico di tutto quello che è stato. Due ore di bollenti passioni sonore: gli Afterhours hanno riacceso anime sopite, ricordandoci che certa musica non invecchia mai. Si rinnova, si trasforma, ma continua a pulsare con la stessa intensità primordiale.
È stata una di quelle serate che tutti dovremmo vivere almeno una volta nella vita: gli Afterhours sanno ricordarci cosa significa sentirsi davvero vivi.