Hellfest | Day 03 | Scorpions
Il terzo giorno all’inferno vede headline gli Scorpions.
La giornata è un omaggio ai grandi del classic rock, tra riff immortali e performance emozionanti.

di Eva Marabotti 22 Giugno 2025

FRANCIA | Clisson, 22 Giugno 2025
Il terzo giorno all’inferno – perché così si chiama, e così davvero si sente – ci regala, per qualche ora, una tregua. Il cielo decide di essere clemente: nuvole sparse coprono il sole e ci risparmiano dal completo disfacimento sotto la coltre incandescente del festival. Ma è solo un’illusione temporanea, perché nel pomeriggio l’aria torna a vibrare di un calore quasi rituale, feroce, degno del nome che questo luogo porta.
Nonostante la calura, la stanchezza e il caos, ogni angolo vibra di vita, rumore, corpi e suoni. Purtroppo, non riesco a raggiungere l’arena in tempo per alcuni concerti del mattino, tra cui gli italiani Syk, che però riesco a incrociare nel pomeriggio per una bella chiacchierata nelle preziose zone d’ombra dell’area vip. E da lì, parte la mia lunga discesa sonora che si concluderà, forse, con gli headline della giornata: gli Scoprions.
Black Country Communion
Il mio pomeriggio comincia ufficialmente al Mainstage 01 con i Black Country Communion, supergruppo americano che raduna quattro nomi di peso. Siamo difronte a Joe Bonamassa alla chitarra, Glenn Hughes al basso, Jason Bonham (figlio del mitico John “Bonzo” Bonham) alla batteria e Derek Sherinian alle tastiere.
Le loro sonorità blues e hard rock mi catapultano in un’epoca che non ho vissuto ma che sento appartenermi comunque. Il pubblico è variegato, unito dalla musica: chi ondeggia con gli occhi chiusi, chi salta sotto il palco, chi scruta da lontano. Un live dinamico, coinvolgente, con l’impressione nitida che il pubblico ne sia parte integrante, e non solo spettatore.
Grima
Non sono più una fan del genere, ma ero comunque curiosa di affacciarmi al concerto dei Grima, sul Temple Stage, targato Napalm Records. L’atmospheric black metal mi aveva tenuto compagnia durante gli anni del liceo, quando cercavo qualcosa che fosse lontano dal commerciale e più vicino a un’idea istintiva e selvaggia di natura.
Nonostante i suoni non fossero resi al meglio – problema ricorrente su questo palco – è stato bello ritrovarsi, anche solo per mezz’ora, dentro quelle atmosfere. Un piccolo tuffo nel passato, che ho ascoltato in silenzio senza troppe pretese.

The Ocean Collective
Subito dopo i Grima è il momento di spostarci di poco e passare all’Altar Stage per il concerto dei tedeschi The Ocean Collettive, post-metal berlinese since 2001. Nonostante i soliti problemi di acustica dei due stage, Altar e Temple, i The Ocean si fanno strada rendendo facilmente onore al loro stile inconfondibile e modellato molteplici volte nel corso di tutti i loro anni.
SatchVai Band
Torniamo quindi verso i Mainstage, un’area che per il resto della giornata non lascerò più, attratta dalla promessa di tre concerti uno dietro l’altro. Il primo a salire sul palco è il duo chitarristico formato da due veri colossi: Joe Satriani e Steve Vai.
Sul Mainstage 01 la loro energia è palpabile fin dal primo accordo, ma a rendere lo show ancora più intenso ci pensano anche i musicisti che li accompagnano con maestria. Dietro le pelli c’è Kenny Aronoff, una vera e propria macchina da guerra alla batteria, mentre Marco Mendoza si fa carico delle frequenze basse con il suo basso potente e preciso. A completare il quadro, Pete Thorn alla chitarra ritmica, un elemento fondamentale che aggiunge spessore e ritmo a un ensemble già di per sé esplosivo.
Lo spettacolo a cui assisto non si limita a un’esibizione di virtuosismi solisti, come si potrebbe immaginare, ma è un insieme coerente e coinvolgente che mette in luce sia il loro passato che il presente, spaziando con sicurezza tra classici consolidati e brani tratti dal loro nuovo album. Un concerto dinamico, dove ogni nota sembra studiata per tenere il pubblico con il fiato sospeso, dimostrando che la loro alchimia sul palco va ben oltre la semplice somma dei talenti individuali.
Judas Priest
È finalmente il momento degli leggendari Judas Priest, che salgono sul Mainstage 02 con tutta la carica e l’autorità che li contraddistingue da decenni.
La scaletta che scelgono è semplicemente sbalorditiva, un perfetto equilibrio tra i grandi classici che hanno segnato la storia dell’heavy metal e alcune gemme meno scontate, capaci di far vibrare ogni fibra del pubblico. I Judas f*ckin’ Priest sono una forza inarrestabile: ogni nota, ogni riff, ogni grido del frontman si abbatte con la potenza di un uragano, facendo esplodere l’energia della folla in un delirio.
L’atmosfera si fa ancora più intensa e toccante durante Giants in the Sky, quando sui grandi schermi alle loro spalle scorrono i volti di quei Giganti della Musica che, sebbene non siano più con noi fisicamente, rimangono vivi nello spirito di chi ama e fa musica. Quel momento carico di emozione ha dato l’idea di essere davvero dinanzi a qualcosa di sacro.
È sempre un piacere ed un onore poter assistere a un loro concerto, ma qui, in un festival di tale portata e significato, la sensazione si fa ancora più profonda e speciale.

Scorpions
Mentre le ultime luci del giorno si spengono lentamente lasciando spazio all’oscurità avvolgente della notte, la mia mente torna a un ricordo lontano, quando avevo appena sei anni. Ricordo le parole di mia madre, che con la sua dolcezza mi diceva: «Sono sicura, Eva, che un giorno, quando sarai più grande, ti piaceranno». Non potevo immaginare quanto avrebbe avuto ragione. Quei gruppi di cui parlava sono diventati, nel tempo, tra le mie passioni più sincere, capaci di regalarmi ancora oggi brividi autentici lungo la schiena. Sto parlando degli Scorpions, che hanno regalato una performance potente e apprezzatissima all’Hellfest 2025, calamitando il pubblico con una scaletta ricca di successi e un’energia da veterani senza tempo.
Il loro set è stato un vero e proprio concentrato di brani che hanno scosso ogni singola persona presente, accompagnato da una produzione scenica imponente e curata nei minimi dettagli. Il momento clou è stato l’encore, dominato dalla presenza di un gigantesco scorpione gonfiabile, simbolo indelebile della band, che ha fatto da sfondo spettacolare alla batteria di Mikkey Dee, amplificando l’atmosfera già carica di emozione.
Klaus Meine, nonostante le recenti sfide legate alla salute e all’età, si è presentato sul palco con una carica e una voce che hanno sorpreso e conquistato critici e fan. La sua energia contagiosa e la capacità di coinvolgere il pubblico hanno fatto capire quanto la sua presenza sia il cuore pulsante degli Scorpions. Durante il concerto, Klaus ha voluto anche rendere omaggio al compianto batterista James Kottak, regalando un momento di commozione che ha aggiunto profondità a uno show già di per sé emozionante.
Nonostante la voce di Klaus non sia più quella dei tempi d’oro, la band ha saputo offrire uno spettacolo di altissimo livello, capace di regalare quell’esperienza autentica di rock classico che solo i veri maestri sanno dare. Tra l’entusiasmo della folla e i momenti più intimi, come la performance di Wind of Change – la canzone della mia mamma – che ha aperto le porte alle mie emozioni più profonde, gli Scorpions hanno saputo emozionare più generazioni.
Sono contenta, profondamente felice e grata di essere qui, ancora una volta, a condividere con loro questa magia che solo gli Scorpions sanno creare.

Leprous
Conclusi gli Scorpions, ho ancora modo di godermi il finale del concerto dei Leprous, all’Altar Stage. Una band progressive metal norvegese che rimane comunque difficile da classificare con precisione, grazie alle loro influenze e all’alternanza delle voci da pulito a growl.
Peccato che si siano un po’ sovrapposti con gli Scorpions, perché un loro concerto per intero dovrebbe essere un’esperienza senza eguali.
Turnstile
La mia giornata si conclude al Warzone Stage insieme ai Turnstile. La stanchezza mi arriva addosso come un treno all’impazzata ma l’energia sprigionata da questo gruppo mi fa continuare senza molta fatica la serata.
Degli artisti per me nuovi, che mi sono stati consigliati da un amico. Mi hanno lasciato con molte domande e con molta curiosità. Un hardcore punk che non si cura dei confini fra i generi e punta esclusivamente ad una resa dettata solo dall’istinto.

Sui vari palchi la luce si affievolisce e lentamente calano le ombre della sera, mentre il festival si prepara a una pausa necessaria dopo una giornata intensa. Oggi è stata una giornata all’insegna del classico, un omaggio vibrante ai nomi storici del rock che hanno segnato epoche e generazioni, portando sul palco energia, passione e quella magia senza tempo che solo i grandi artisti sanno regalare. È stato un viaggio tra grandi riff, voci leggendarie e momenti di pura emozione, un vero e proprio rituale per chi ama queste sonorità.
Ora è il momento di tornare alle tende, di ritrovare un po’ di ristoro e di prepararsi al quarto giorno di questo inferno di musica, sudore e adrenalina. Domani si riparte, con la stessa voglia di immergersi in un mondo che sa essere duro e travolgente, ma anche profondamente capace di emozionare.
A domani, quindi, per continuare a vivere questo spettacolo unico, questa grande festa del rock che non smette mai di sorprendere.