Hellfest | Day 04 | Linkin Park |
L'edizione 2025 dell'Hellfest si chiude tra memoria e futuro, con una band che resta una vera famiglia per i propri fan.
Main artist della giornata i Linkin Park

di Eva Marabotti 23 Giugno 2025

FRANCIA | Clisson, 23 Giugno 2025
È il quarto e ultimo giorno all’inferno e le temperature continuano a non dare tregua agli Hellbangers, che cercano invano un po’ di refrigerio in ogni angolo d’ombra disponibile. Le bocche sono assetate, i volti segnati dalla fatica, mentre la folla si accalca davanti agli archi che dispensano acqua fresca nei pressi dei Mainstage, in attesa del proprio turno.
Questa mattina ho deciso di anticiparmi un po’, portando alcune borse non essenziali alla mia macchina, sperando di alleggerire il peso per il viaggio di rientro, che si preannuncia non meno devastante. Cambio di passo nel look: metto da parte gli anfibi per infilare le Vans, preparandomi a una giornata che si prospetta più tranquilla…o almeno così mi illudo.
Tra i nomi attesi oggi c’è anche quello dei Linkin Park: La loro presenza porta un’aria nuova, capace di richiamare non solo i fan del metal più classico, ma anche chi ha seguito il loro percorso unico nel panorama rock e nu-metal. Aspetto con curiosità di vedere come si integreranno in questo ultimo giorno di fuoco, portando la loro carica e la loro intensità su un palco che ha già visto passare leggende senza tempo.
Good Riddance
Dato che durante la mattinata mi è stato impossibile seguire la line-up del festival, la mia giornata inizia ufficialmente nel pomeriggio, insieme ai californiani Good Riddance al Warzone Stage. Come avevo detto poco fa? Ah sì, giusto, una giornata tranquilla. Al terzo brano ero in mezzo al mosh pit a perdere in continuazione le scarpe e a beccarmi delle sonore gomitate nelle costole. Che figata. Oltre a questo, mi hanno fatto fare anche il mio primo crowd surfing di questo festival. Che altro dire, quindi? Un concerto fenomenale, un’energia spiazzante e del sano punk rock fatto bene e alla vecchia maniera. Da rifare.

Health
Dal Warzone Stage al Valley Stage il passo è breve, e in meno di tre minuti riesco a raggiungere gli americani Health, una scoperta assoluta per me.
Non appena salgono sul palco mi catturano immediatamente con un sound che sembra provenire da un altro pianeta. Sintetizzatori ipnotici e una voce eterea, quasi aliena, che sembra uscita dallo spazio o, forse, destinata proprio a mandarmi lì. Il loro stile è un perfetto mix contaminato di synthwave e post-punk, capace di avvolgere e trasportare l’ascoltatore in un viaggio sonoro intenso e avvolgente. Il pubblico è incantato, come se tutti fossero stati rapiti in un’esperienza collettiva e quasi trascendentale. Un live che sorprende e affascina.
Cypress Hill
È arrivato il turno dei miei amati Cypress Hill, che si esibiscono sul Mainstage 01. Ho già avuto la fortuna di vederli dal vivo, precisamente due anni fa all’AMA Music Festival di Bassano del Grappa, ma oggi la loro performance riesce a confermare, ancora una volta, tutto il rispetto e l’ammirazione che nutro nei loro confronti. Il loro sound è pieno, corposo, un mix perfetto di beat avvolgenti e ritmi incalzanti che ti travolgono fin dal primo istante.
E poi c’è quel flow devastante, unico nel suo genere, capace di scatenare in chi ascolta una spinta interiore irresistibile, quella voglia irrefrenabile di muoversi. Non importa se sono le gambe, le braccia o anche solo la testa a seguire il ritmo: l’importante è lasciarsi andare e ballare seguendo quel bounce inconfondibile che i Cypress Hill sanno regalare con una naturalezza disarmante.
Durante il loro set, che spazia dai grandi classici che hanno fatto la storia dell’hip hop fino ai brani più recenti dei loro ultimi album, i quattro americani riescono a costruire uno show coinvolgente e pieno di energia, capace di tenere alta la bandiera della cultura hip hop senza mai perdere autenticità.
Dethklok
Originariamente un semplice gruppo immaginario di Metalocalypse, una serie animata che affronta i cliché della scena metal, i Dethklok si sono rapidamente materializzati in un’entità viva e pulsante ed ecco che salgono, proprio adesso, davanti a me, sul palco dell’Altar Stage. La trasformazione dal virtuale al reale è davvero perfetta come perfetta è l’accoglienza che gli riserva il pubblico. A mani basse, i Dethklok sono più di una semplice esperienza musicale, perché grazie anche alle trasposizioni animate dei loro brani, sono una vivace odissea nel meraviglioso mondo del death metal.
Falling in Reverse
Nonostante il metalcore non sia uno dei generi che prediligo, non ho potuto non fermarmi di fronte alla voce poderosa di Ronnie Radke.
È il turno dei suoi Falling in Reverse, che calcano il Mainstage 02 come se non ci fosse un domani – quando invece il domani ci sarà e sarà anche alquanto tosto da sostenere. Nel parterre il mosh pit è violentissimo e proprio per questo mi ci tengo ad un’adeguata distanza. Un concerto con un impatto esplosivo che mi ha fatto rivalutare piacevolmente questo gruppo.
Linkin Park
È finalmente arrivato il momento dell’ultimo gruppo sul Mainstage 01, e credo sinceramente di non aver mai visto una tale folla davanti ai palchi principali come in questo preciso istante. Il mare di persone si estende a perdita d’occhio, e mentre osservo gli sguardi di chi mi sta accanto, scorgo una miscela di emozioni intense: molta curiosità ma anche una sottile malinconia che affiora soprattutto negli occhi di chi li ha già visti in passato, nella formazione originale. Parlo proprio di loro, dei nuovi Linkin Park, che con passo deciso salgono sul palco e rompono il silenzio carico di aspettative.
Li avevo visti per la prima e purtroppo unica volta il 6 settembre 2015, a Roma. Quella serata è rimasta per me impressa in modo indelebile, ma non solo per la magia del concerto: fu infatti proprio durante le ultime canzoni che la persona più importante della mia vita scelse di lasciarci, abbandonando questo piano terreno per preferire il cielo stellato.
È inutile negarlo: Chester manca, e mi manca tantissimo. Lo scrivo con le lacrime agli occhi, ma quel dolore non diminuisce. Al tempo stesso, non posso non notare quanto impegno, quanta passione e quanto cuore ci siano su quel palco. Emily è una forza della natura, una presenza che si impone con grande determinazione e talento. Sono sicura che, con il tempo, riuscirà a far proprie quelle canzoni che Mike Shinoda aveva scritto per e con Chester, ma per ora credo sia ancora troppo presto: il dolore è troppo vivo, la ferita troppo aperta.
In questo momento così delicato, voglio riportare qui le parole di un mio caro amico, Gianmarco Bonelli, che trovo profondamente vere e necessarie:
«Decidere di non seguire più, o viceversa, i Linkin Park non vi rende fan più veri e superiori rispetto a chi ha deciso diversamente. Non bisognerebbe nemmeno spiegare che non esiste un giusto e uno sbagliato e che entrambe le scelte sono da rispettare, ma ormai l’arroganza dilaga incontrastata tra quelle persone che hanno tanta voglia di infastidire gli altri ergendosi sul loro trono fatto di niente e dimenticando (o meglio, non avendo mai capito) che i Linkin Park significano prima di tutto famiglia. E in una famiglia ci si comprende reciprocamente. Siamo tutti uguali».
Questa frase racchiude in pieno il senso di comunità che ho percepito oggi tra le migliaia di fan riuniti: un sentimento di rispetto, di empatia, di legame che va ben oltre la musica.

Quest’ultima giornata dell’inferno per me si chiude con un nodo alla gola ma è proprio nel cielo più buio che, ad una ad una, si svelano le stelle.
Così, seduta su una panchina, vengo sorpresa dai fuochi d’artificio finali. Non li ho mai apprezzati, in generale, ma in questo momento mi sembrano solo una delle cose più belle che possano esserci. Mi hanno riportata con i piedi a terra e mi hanno ricordato di tutto ciò per cui io devo essere grata.
Ed io sono grata, di tutto.