Scisma live a Brescia: l’emozione del ritorno

“Gli Scisma che si rimettono a calcare i palchi dopo tutti questi anni”: basterebbe questo a creare aspettative.
E difatti la risposta del pubblico è stata notevole, tant’è vero che la data di Brescia alla Latteria Molloy (prevista inizialmente per il 17 ottobre) è stata raddoppiata, e quella di venerdì 16 ottobre è diventata quindi la prima di due serata all’insegna del tutto esaurito per questo gruppo che si trova a giocare un po’ in casa, essendo nato e cresciuto e poi messo in standby (e infine riformato) proprio da queste parti.
Giusto qualche giorno fa è uscito il nuovo EP “Mr.Newman“, ci si pregusta dunque non solo un revival dei bei tempi, ma pure un vero e proprio banco prova degli ultimi pezzi.

Fabio Cinti è il cantautore che si prende l’onere dell’apertura proviene dalla scuderia di Paolo Benvegnù, che produrrà il suo prossimo disco in uscita il prossimo anno.
Idee discrete e testi piuttosto accattivanti, una melodia molto soft e una manciata di pezzi che accompagnano, senza calamitare troppo l’attenzione.

Ci si aspettano grandi cose da queste parti, oltretutto si dice che l’idea della ripartenza degli Scisma sia stata partorita proprio qui alla Latteria Molloy.
Quando sbucano da dietro le quinte, gli Scisma appaiono tanti e belli proprio come una volta: qualcuno tra il pubblico urla i propri ringraziamenti e si avverte un senso quasi di commozione.
La scena è tutta per Sara Mazo, da cui pure traspare una certa emozione, negli sguardi e nelle occhiate, con il resto del gruppo disposto a semicerchio.
E si riapre lì da dove si era chiuso, con ‘Good morning‘, ultima traccia del loro ultimo album prima della pausa, un duetto in punta di piedi con Paolo Benvegnù.
Due pezzi del nuovo disco ci consentono di prendere subito loro le misure: l’esecuzione appare decisa e profonda, ‘Mr. Newman‘ e ‘Metafisici‘, quest’ultima molto più accattivante che nella versione studio, suonano e arrivano forti e dirette, mentre i brani che tornano dal passato sono più vibrati ed emozionali, grazie anche alla partecipazione del pubblico in una sorta di reciprocità di sentimenti tra i due lati del palco.

C’è molto “Armstrong” nella scaletta, e le due voci spingono a fasi alterne: Paolo Benvegnù guida ‘Giuseppe Pierri‘ mentre Sara Mazo sale in cattedra per ‘Troppo poco intelligente‘, sfoderando uno charme invidiabile e un’attitudine a brani più rumorosi da vera primadonna del rock.
L’attacco di ‘Tungsteno‘ fa schiarire le voci, perché si canta tutti assieme e i sorrisi smaglianti sono ovunque. Siamo tutti più giovani e felici, è il 1999 e gli Scisma sembra che possano fare addirittura il grande salto.
A chiusura del set principale, ancora un paio di brani nuovi, il groove di ‘Darling, darling!‘ e una versione con “telefonata in freestyle” di ‘Stelle, stelle, stelle‘, che appare in tutta la sua ricercatezza di scrittura.

Primo encore che completa la presentazione del nuovo disco degli Scisma con ‘Neve e resina‘, messa a confronto con ‘L’equilibrio‘ e che sembra uscirne pari, e ‘Rosemary Plexiglas‘ a guardare ancora un po’ più indietro e con più veemenza.
Potrebbe essere una chiusura perfetta, e così sembra, ma gli Scisma tornano nuovamente sul palco per un secondo bis, preceduto dai ringraziamenti, unico momento di dialogo col pubblico di tutto il concerto (introdotto da “Qualcuno dirà che siamo snob, ma la verità è che non abbiamo niente di interessante da dire”).
La chiusura del concerto è affidata a ‘Simmetrie‘, che parte quieta e poi si apre e porta a ‘L’universo‘, con un finale distorto e irregolare perfetto per un commiato non banale.

Meccanismi che appaiono ancora tutto sommato rodati, visibile emozione ma anche grandi intese sul palco, le voci che si cercano e rincorrono e il suono inappuntabile e franco. Senza voler pensare a ciò che erano e che avrebbero potuto essere gli Scisma, un live di questo tipo rafforza l’idea di avere a che fare con un gruppo di grande spessore.

Photogallery a cura di Giada Arioldi relativa al concerto di Brescia del 17 ottobre 2015

Ulteriori info riguardo la serata le trovate qui.

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Matteo Ferrari

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Nato nel 1984 nell'allora Regno Lombardo-Veneto. Un onesto intelletto prestato all'industria metalmeccanica, mentre la presunta ispirazione trova sfogo nelle canzonette d'Albione, nelle distorsioni, nei bassi ingombranti e nel running incostante.

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