Raccontami una cover | “Strange Days”

Il primo appuntamento di Raccontami una cover inizia con la storia di una fotografia.
Avrei potuto inaugurare la rubrica parlando di “London Calling” dei Clash, ma sarebbe stata una scelta ottima tanto quanto banale – e non me ne vogliano i Clash, ma era mio desiderio cominciare in modo inaspettato.
Per l’occasione ho preferito puntare su qualcosa di originale e al contempo fittizio, della serie “sembra ma non è”.
Qualcosa di non propriamente bello se visto in un’ottica meramente estetica, ma che incarna alla perfezione quella che all’epoca fu la volontà del suo committente.

Los Angeles, 1965.
Dall’incontro tra Jim Morrison (voce), Ray Manzarek (tastiere), Robby Krieger (chitarra) e John Densmore (batteria) nascono i The Doors.
Appena due anni dopo, nel gennaio del 1967, viene dato alle stampe il loro omonimo disco d’esordio e già nel settembre dello stesso anno è la volta di “Strange Days”.
A detta di molti, tra i due album è “Strange Days” il disco migliore, che si presenta più maturo e raffinato rispetto a “The Doors”, ma a non essere d’accordo con questa affermazione è il produttore di entrambi gli album, Paul Rothchild, che non riconosce in nessun brano tratto da “Strange Days” un vero singolo da classifica.
Da questo punto di vista, in effetti, “Strange Days” non bissa i record e i successi di “The Doors”: non arriva in vetta alle classifiche, si ferma ad un dignitoso terzo posto.
E sebbene sia l’album che contiene ‘Moonlight Drive‘, uno dei più indiscussi capolavori di Jim Morrison, nessuna canzone di “Strange Days” arriverà mai ad essere un successo radiofonico.
Una vera beffa se si osservano invece i risultati dei singoli ‘Light My Fire‘, ‘The End‘ e ‘Alabama Song‘.
Ad ogni modo, “Strange Days” ha la sua rivalsa in termini di vendite: vende molto, e molto più di “The Doors”.
E la sua copertina, così diversa da quella del primo disco, così fuori dal comune, comincia ad entrare nelle case degli americani.

Con “Strange Days” Jim Morrison è intenzionato a cambiare rotta rispetto a “The Doors”.
Secondo Jim la centralità del suo primo piano nella cover del disco d’esordio «ha prevalso sulla musica distogliendo l’attenzione dal prodotto finale».
È per questo che in “Strange Days” si passa da un estremismo ad un altro: i Doors, qui, scompaiono.

The Doors - Strange Days

Lo scatto che identifica la cover di “Strange Days” è un’opera originale del fotografo Joel Brodsky, realizzato su commissione della band.
L’idea iniziale è quella di ritrarre gli artisti di strada della New York dell’epoca cercando di coglierne il lato magico.
Dopo una serie di prove mal riuscite e poco soddisfacenti dal punto di vista artistico, Brodsky si spazientisce e decide di barare: se non riesce a ritrovare nella street photography quanto idealmente cercato da lui e Morrison, tanto vale costruire la scena a tavolino.
In fondo, la condizione fondamentale da rispettare è solo una: come ha deciso Jim, i Doors non devono apparire nella foto.
Da un lato è un’idea comprensibile: Jim ha solo voglia che la gente ascolti le sue canzoni, che le capisca.
Comprende la potenza della sua immagine di “bello e dannato”, ma più di tutto vuole arrivare al pubblico attraverso i suoi brani.
D’altro canto, il “non apparire” in copertina sembra al contempo la bizzarria di una star capricciosa.

Dopo un più che estenuante tira e molla, Brodsky ottiene di far comparire il nome del disco ed un’immagine del gruppo in posizione defilata.
Sono poco visibili in effetti, ma stanno lì, ci sono: i Doors sono attaccati al muro, sulla destra della foto, in un poster.
Il resto della scena è affidato a persone comuni, scritturate appositamente per questo scatto.
Eccezione fatta per i due acrobati, veri artisti provenienti dalla strada, tutto il resto è finto.
Il nano, l’uomo forzuto, il mimo, l’uomo che suona la tromba…proprio quest’ultimo è un tassista, che per cinque dollari si è prestato a far parte dell’insieme.

Che strana questa foto di Brodsky.
Come è diversa questa copertina da quella di “The Doors”.
Come è sgradevolmente asimmetrica la composizione stessa della foto, a ben guardare.
E che asimmetria meravigliosa, invece, si percepisce guardando questa cover e ascoltando il disco.
“Stranger Days”, davvero un bel lavoro Jim.

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