Distinto – C’est la vie


È un pop-rock in punta di piedi quello del nuovo album dei Distinto, band giunta ormai al suo terzo lavoro (se contiamo anche l’Ep “Le Stanze”).
“C’est la vie” pone al centro della propria architettura musicale, attentamente costruita e rifinita, il costante dialogare della voce di Daniela D’Angelo e delle chitarre di Daniele Ferrazzi: i due elementi, che si uniscono a formare un cerchio attorno all’ascoltatore, si alternano in un botta-risposta musicale che è degno di plauso, che si esprime con vera naturalezza, quasi come se quella voce fosse fatta apposta per quelle corde e viceversa. 
Una voce, appunto, di una leggerezza e di uno spessore musicale non di poco conto, che intrattiene l’ascoltatore e che lo fa quasi volare a mezz’aria; una voce che, a mio avviso, è ben rappresentata dall’unicorno in copertina, che nel suo bianco candido si scontra con l’ondulato e artefatto suono degli strumenti musicali della band.
Questo duettare, questo alternarsi è ciò che più dà coerenza al lavoro, facendosi leitmotiv delle dieci tracce proposte.

Tecnicamente ineccepibile, l’album dei Distinto pecca però in quanto a ripetitività: seppure i brani siano musicalmente costruiti con sguardo attento, senza che nulla sia lasciato al caso, spesso risultano ripetitivi all’ascolto; e, anzi, se il disco di per sé è originale proprio in virtù dello stile proposto dalla band, esso non sa però essere abbastanza originale con se stesso.
Ne risulta quindi che alcune tracce siano troppo simili ad altre.
E questo, unito anche ad una composizione testuale che spesso non brilla di particolare originalità (salvo qualche eccezione, come ‘Il mondo non aspetta‘ e ‘Lili d’agosto‘ – quest’ultima in particolare, che a mio parere è il pezzo più riuscito del disco), fa sì che molti dei brani proposti risultino quasi neutri all’ascolto.

Questo “C’est la vie” è sì un ascolto piacevole, che in alcuni punti riesce anche a sorprendere e ad emozionare, tuttavia non colpisce davvero e lascia un po’ perplessi: la valorizzazione della componente vocale e musicale, particolarmente apprezzabile, lascia però molte incertezze dal punto di vista della diversificazione delle sonorità del disco stesso; ma soprattutto lascia spesso da parte la componente testuale, che alla fine viene posta in secondo piano dall’ascoltatore stesso.
Questo penalizza non poco il lavoro nella sua interezza, il quale, non fosse per questa serie di inciampi, potenzialmente avrebbe un’enorme capacità espressiva che pochi altri possono vantare.

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