Anna Burch – Quit the Curse


Quello di Anna Burch è un disco d’esordio, e i dischi d’esordio sono sempre un terno al lotto.
Se ne parli bene il secondo disco diventa per forza qualcosa che deve superare le aspettative; se ne parli male rischi di passare per uno che non dà fiducia alla musica contemporanea.
Ad essere onesti credo che “Quit the Curse” si ponga un po’ a metà strada, in quel limbo popolato di esordi della serie bene-ma-non-troppo, che per diventare “migliori” hanno fondamentalmente bisogno di più carattere.

Nove brani per mezz’ora di musica, una mezz’ora che ci trascina più o meno volutamente in un mood tipicamente anni Novanta.
Quelle di Anna Burch, cantautrice di Detroit, sono ballate leggere ed immediate, veloci ma ahimé poco incisive.

Composti dopo aver archiviato due precedenti epserienze con altrettante bands, questi brani in realtà arrivano dopo una prima prova ufficiale rappresentata da uno split condiviso con Stef Chura nel 2016 (lei sì è da tenere d’occhio, il consiglio è di buttarci un orecchio).
Ci sono voluti due anni per arrivare ad oggi, ma il tempo sembra non aver fatto fare grossi progressi ad Anna Burch.
Il sound, a metà tra il lo-fi ed il dream pop, non spicca in modo particolare per originalità e non scatena il fattore wow.
Intendiamoci, i brani sono tutti orecchiabili e ben eseguiti, Anna fa il suo e dimostra di saperlo fare bene.
Al contempo, lo sa fare esattamente come tanti altri nomi che pullulano il panorama internazionale.
Il suo “Quit the Curse” è una buona prova che purtroppo non supera la sufficienza.

L’errore di chi si rifà a suoni più o meno passati è quello di adagiarsi nella perfezione dei propri tecnicismi senza riuscire a superarli, personalizzando e dando un’identità inconfondibile al proprio lavoro.
Una cosa giusta in questo album è sicuramente la sua durata: dopo una parentesi così si rischia di passare dall’estasi del nirvana alla nevrosi della solita chitarrina poco spinta e trattenuta.
Attendiamo il prossimo capitolo, sperando in un lavoro più personale e meno dispersivo.

 

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