The Kooks live a Milano: la goduria dei singoli

Sembra ieri che eravamo giovani, spensierati e ascoltavamo divertiti i primi dischi dei The Kooks, poi ti giri un attimo e scopri che è uscito un loro greatest hits, che raccoglie i successi di più di dieci anni di carriera e quattro album all’attivo. Il tour che ne consegue è un appuntamento da non perdere, e noi il 13 novembre a Milano ci siamo, in un Fabrique davvero gremito. Inglesi di Brighton, giunti al successo nel decennio d’oro dell’indie rock, i The Kooks proporranno al pubblico milanese tutti i loro singoli più accattivanti, conosciuti e consumati.

Perfettamente a tema con il loro nome, The Academic in apertura fanno un semplice e immediato college rock che sa tanto di fine anni 90. La band irlandese non si presta a nessun eccesso, con chitarre facili e pulite, bella presenza, voci gradevoli. In linea con la miglior tradizione di Quell’indie rock, con la Q maiuscola, spingono forte sui bridge prima dei ritornelli, davvero ben riusciti.

I The Kooks entrano in grande stile sul palco, con luci sparate, un pubblico acclamante e il pezzo ad effetto buttato lì subito: la partecipazione su ‘Always where I need to be‘ rende tutto più semplice, basta tenere il basso ad alto volume e la batteria a un tempo sostenuto e la platea che canta fa tutto il resto.

Luke Pritchard sa essere ruffiano, si porta appresso il chitarrone con ‘Ooh La‘, mettendo in mostra il timbro vocale senza forzare o strafare. Arrivano i coretti, i The Kooks fanno del puro entertainment, arrivando al battimani di ‘Bad habit‘. Una vita tranquilla e senza complessità quella dei The Kooks, fanno andare via tutto diritto e toccano le corde giuste del loro pubblico.

She moves in her own way‘ inizia a luci fisse e anche questa col chitarrone, la forma è a tutti gli effetti sostanza. I The Kooks calano il tiro quando si perdono in divagazioni lente o un po’ elettroniche, mentre se stanno nei giusti confini tenendo il motore al numero di giri ideali spingono senza pecche. Quando escono dal seminato il suono risulta un po’ piatto e monocorde, e il finale di set è effettivamente in calando.

Ma stiamo contando sulle dita quali sono i singoli dei The Kooks che ancora mancano, perché nel bis li dovremo per forza trovare. E difatti, con ‘Seaside‘ nella perfetta solitudine di Luke Pritchard con la sua chitarra, arrivando fino a ‘Naïve‘ più ammiccante, piaciona e coinvolgente di quanto ci ricordassimo, l’encore è all’altezza dello show che i The Kooks sanno fare e che il pubblico vuole vedere.

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Matteo Ferrari

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Nato nel 1984 nell'allora Regno Lombardo-Veneto. Un onesto intelletto prestato all'industria metalmeccanica, mentre la presunta ispirazione trova sfogo nelle canzonette d'Albione, nelle distorsioni, nei bassi ingombranti e nel running incostante.

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