The Dead Daisies live a Ranica (BG): hard rock travolgente

La sera del 5 giugno al Druso di Ranica è andata in scena l’unica data italiana del tour europeo 2017 del super gruppo hard rock The Dead Daisies.
Un grande colpo quello messo a segno dai ragazzi del Druso, che sono riusciti ad accaparrarsi un grande show e a regalare una serata piena di emozioni a tutti i fan che hanno raggiunto il locale.

Parlare di mostri sacri come quelli che si sono esibiti sul palco è sempre difficile: si rischia di cadere in una celebrazione delle opere passate, oppure di perdersi in mille dettagli tecnici.
Limitiamoci quindi a qualche nota biografica quando necessaria, e concentriamoci sullo spettacolo che è stato e sui dettagli che ci hanno colpito. Anche perché, considerata la caratura dei The Dead Daisies, ad ogni svista musicale in questo caso potremmo rischiare il linciaggio.

Il programma è denso di ospiti e prevede diverse portate.
Il compito di aprire la serata davanti ad un Druso che comincia a riempirsi, è affidato agli italiani
The Stone Garden.
Molti chilometri e molti concerti hanno forgiato il carattere ed il processo di composizione di questi ragazzi, guidati da “Klod” Claudio Brolis.
Il sound del rock stile anni ’70 riempie di vibrazioni l’atmosfera e comincia a scaldare il pubblico.

Cambio palco, e dopo qualche minuto si torna operativi con un altro grande gruppo.
Sono gli
Headless, storica band italiana di Avezzano (AQ) accompagnati dal grande volcalist Goran Edman.
Il cantante svedese porta in eredità le sue liriche e le sue linee vocali dalla timbrica molto pulita, mentre gli Headless dalla loro evidenziano un sound granitico. C’è molta energia nelle loro canzoni, ed il pubblico apprezza il loro intervento.

Dopo un ulteriore cambio palco velocissimo, salgono finalmente sul palco i The Dead Daisies.
La formazione attuale non è quella originale ma la band sembra aver raggiunto un equilibrio ed una capacità esplosiva davvero elevata.
David Lowy, Marco Mendoza, John Corabi, Brian Tichy e Doug Aldrich rappresentano una macchina da guerra davvero rodata e che è stata in grado di sfornare un ottimo disco come “Make Some Noise”.

Corabi sale per ultimo sul palco, dopo che tutti gli altri musicisti hanno preso posto.
Arriva salutando il pubblico e da lì i The Dead Daisies non si fermeranno più per il resto della serata.
Aprono con ‘Long Way To Go‘, proseguono con Mexico‘ e poi attaccano ‘Make Some Noise‘: un inizio travolgente, che fa scatenare il pubblico e che stenderebbe anche il più ostico degli ascoltatori.
Make Some Noise‘ in particolare ha un incidere coinvolgente e trova la sua massima espressione dal vivo, con il pubblico che risponde in coro agli inviti di Corabi.

Qualche nota sparsa che mi sono segnato a questo punto del live.
Mendoza impugna il basso con atteggiamenti promiscui ed ha una striscia adesiva piena di pletri. Dopo aver suonato due note, bacia il plettro e lo lancia al pubblico.
Corabi indossa un gilet sopra una camicia e mi chiedo come possa fare a non sudare lì dentro.
Aldrich è un vero Guitar Hero e penso che abbia rubato il famoso plettro del destino che cercavano i Tenacious D.
Ci sono due bambine piccole sulle spalle dei loro genitori tra il pubblico, e ciò contribuisce a rendoere tutto questo una festa ancora più grande.
Tichy dietro alle pelli è uno spettacolo: picchia come un muratore e lancia in aria le bacchette, riprendendole poi al volo senza farle cadere.

I brani che i The Dead Daisies propongono in questo set vengono principalmente dal nuovo disco, ma non mancano brani dal precedente “Revolucion” o qualche interessante cover.
È questo mix tra brani inediti e cover che rende la loro esibizione live vincente: ‘Fortunate Song‘ dei Creedence Clearwater Revival, ‘Join Together‘ dei The Who e Helter Skelter‘ dei Beatles rendono un omaggio al passato.
C’è spazio anche per i The Sensational Alex Harvey Band e l’ultimo brano in scaletta è un ricordo dei Deep Purple con ‘Highway Star‘.

Dopo un’ora e mezza di live set, i The Dead Daisies prendono commiato dal loro pubblico, dopo averlo fatto esaltare e sudare fino all’ultimo.
Con questa esibizione Corabi e soci hanno dimostrato a tutti che gli eroi dell’hard rock sono ancora vivi e vegeti anche ai tempi nostri e che continuano a roccheggiare da paura.

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Luca Nicoli

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"Che potevo saperne io di me stesso? Ero proprio io quel personaggio che riuscivo a percepire con la mia coscienza?" Amante della musica e cresciuto nei vicoli di Città Alta a Bergamo.

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