Stratovarius live a Milano: visioni di un amore incondizionato

Amore incondizionato, non si può spiegare altrimenti quello che è successo a Milano il 22 ottobre con gli Stratovarius.
Perchè è incredibile riuscire a riempire una venue quale l’Alcatraz con il concerto di un solo gruppo in occasione del ventennale del proprio sesto album, quel “Vision” che, a detta di molti, è il migliore della loro produzione.
Tra l’altro, l’album di una band che ha visto tra le sue fila un talentuoso produttore e chitarrista, Timo Tolkki, colui che ha segnato inevitabilmente la produzione musicale scandinava degli anni ’90.

Presente alla celebrazione live degli Stratovarius il pubblico delle grandi occasioni, in un concerto sapientemente studiato e proposto da Vertigo, consapevole che certa musica non può essere solo un ricordo di gioventù ma vince inevitabilmente il passare degli anni.
Un evento unico, che la band finlandese ha dedicato all’Italia in una sola tappa del tour europeo per il ventennale di “Vision”.

Nonostante le gravi crisi interne e i diversi cambi di formazione, gli Stratovarius sono stati sempre osannati dalla stampa e dal pubblico.
Del nucleo iniziale oggi sono rimasti solo Timo Kotipelto e Jens Johansson, ma i musicisti che accompagnano i due sono davvero talentuosi.
Sarebbe stato bello vedere una reunion, e con le recenti affermazioni di Tolkki forse non tutto è perduto.

Lo spettacolo è iniziato alle 21 con ‘Kiss of Judas‘, il cui testo ha aperto una finestra temporale nel cuore dei più.
Il boato sull’intro di clavicembalo di Jens Johansson su ‘Black Diamond‘ ha rotto definitivamente gli indugi della band, che inondata dal calore del pubblico ha acquistato maggior fiducia lasciandosi guidare nello show da un navigato Timo Kotipelto.

Stratovarius-Alcatraz
Proprio la voce di Kotipelto non ha tradito le aspettative e a dispetto degli haters, che si erano scatenati nel web criticandolo, ha dato sfoggio di tutta la sua potenza interpretando ‘Forever Free‘ e della sua pulizia con la successiva ‘Before the winter‘, decisamente carica di pathos.

Stratovarius-Alcatraz
Sulla stessa onda, il pubblico partecipa e incita la band con ‘Legion‘, ‘The abyss of your Eyes‘ e la trascinante ‘Holy light‘, con il un gran lavoro di tastiera all’unisono con la chitarra.

Si sale e si scende, nella completezza di un album vario e pieno che non accusa il passare del tempo.
Si arriva così in ‘Paradise‘ senza perdere colpi e saldi sulla esperienza.
Si avverte distintamente quando Timo dichiara, introducendo la canzone, che «every time we’re back to Italy it’s like ‘Coming Home‘!», e non si fatica a credergli.
Visions (Southern cross)‘ è chiaramente il finale dell’album, il completamento di un percorso che a suo tempo Tolkki ha descritto per tutto l’album con complessità, variazioni di velocità, melodie e potenza – elementi tipici della sua produzione.

Dopo un reset emozionale veloce, la band ritorna sulle scene e sfodera altri quattro pezzi che lasciano il segno negli animi.

Stratovarius-Alcatraz

Con ‘Forever‘, dal loro quarto album, parte la corsa al gran finale.
Non viene tralasciata neanche la più recente produzione, e ‘Shine in the Dark‘ non sfigura assolutamente in un set così improntato ai fasti passati.
Per evidenziare oltremodo l’unione del gruppo, nonostante le vicissitudini negli anni, gli Stratovarius dichiarano a pieno titolo di essere ‘Unbreakable‘ -e non si fatica a creder loro.
Il gran finale è riservato ad ‘Hunting High and Low‘, quattro minuti portati avanti senza paura che hanno lascia la platea ampiamente soddisfatta.

Il gruppo ha mostrato di aver voluto celebrare l’affetto che da tantissimo tempo l’Italia riserva loro con un evento riuscito meravigliosamente per esecuzione (loro) e partecipazione (del pubblico).
La voce di Timo Kotipelto ha retto molto bene e non ha subìto troppo l’incedere del passare del tempo, come fisiologicamente spesso accade.
Le tastiere di Jens Johansson hanno cucito un bellissimo sottofondo, non mancando un certo protagonismo.
Ed è inutile girarci attorno, Tolkki in “Vision” era fantastico e il suo successore dopo lo scoglimento, Matias Kupiaenen, si è mostrato all’altezza dell’eredità del ruolo con una pulizia del suono cristallina ed una eccellente tecnica esecutiva.
La sezione ritmica di Porra e Plive ha pompato bene per tutto lo show, dove Porra ha anche avuto un suo bel momento di bass solo.
Si esce da questo evento felici.

La possibilità di scivoloni, dovuti a troppa nostalgia e ad aspettative troppo ampie sull’energia di quando si era adolescenti all’epoca, sono numerose ed insidiose, ma il concerto degli Stratovaius è stato realmente splendido proprio per la sua intensità emotiva.


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