Manuel Agnelli live a Corbetta (MI): la violenza in formato acustico

L’aria con la quale Manuel Agnelli si presenta in solitaria sul palco e sotto il tendone del Soundaround di Corbetta, mentre fuori imperversa l’acquazzone di questo sabato 3 ottobre, pare quella di una serata tra amici.
Vengono proposti una serie di pezzi di repertorio, addirittura -udite udite- assecondando le richieste del pubblico, ricordando il primo concerto degli Afterhours trent’anni fa in quello stesso luogo, tra una battuta e l’altra mostrando una insospettabile affabilità.

Si scherza su tutto, insomma, ma non sulla musica.
Senza ricorrere per una volta al frenetico e sistematico cambio di chitarre, imbracciando solamente un’acustica che abbandonerà giusto un paio di volte per sedersi al pianoforte, la qualità dell’esibizione di uno dei più grandi animali da palcoscenico del rock italiano, e non solo, è elevatissima e Manuel Agnelli spreme al massimo l’impianto audio e le proprie corde vocali per le centinaia di persone accorse a dispetto del maltempo.

Se in alcuni brani sembra limitarsi a piazzare due accordi per far cantare il pubblico, ‘Non è per sempre’ su tutti, in altri frangenti spingendo sulle distorsioni e violentando le corde della chitarra Manuel Agnelli porta il livello dell’esibizione ben più in alto di quanto ci si potrebbe aspettare da un set acustico. La prima chiusura con ‘Bye bye Bombay‘ e ‘Quello che non c’è‘ ne è l’emblema, prima del rientro sul palco in compagnia di Rodrigo D’Erasmo, eccezionalmente al pianoforte, per un encore più emozionale, perché è facile aprire i cuori dei vecchi fan con ‘Strategie‘ e ‘Voglio una pelle splendida‘.

Vogliamo parlare della voce di Manuel Agnelli? Non sbaglia un colpo, non cambia mai tonalità alle canzoni nemmeno nei passaggi più impegnativi, l’esibizione acustica è impietosa sotto questo punto di vista ma lui vince il confronto a mani basse.
Che sia al pianoforte per ‘Pelle‘ o menando la chitarra con ‘Dea‘, per non parlare della chiusura dell’ultimo bis tra ‘Costruire per distruggere‘ e ‘Ci sono molti modi‘, la voce non viene affatto risparmiata e il risultato è ancora una volta stupefacente.
Da solo o con gli Afterhours, con gli amplificatori accessi o dando solo qualche leggera plettrata, quando quest’uomo si avvicina al microfono è da tre decenni garanzia di pelle d’oca.

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Matteo Ferrari

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Nato nel 1984 nell'allora Regno Lombardo-Veneto. Un onesto intelletto prestato all'industria metalmeccanica, mentre la presunta ispirazione trova sfogo nelle canzonette d'Albione, nelle distorsioni, nei bassi ingombranti e nel running incostante.

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