Parole d’amore mai banali: Rachele Bastreghi live a Brescia

A tre mesi dall’uscita del suo primo Ep da solista prende il via da Brescia e dalla Latteria Molloy il Marie Tour di Rachele Bastreghi.
Marie come il personaggio da lei interpretato lo scorso autunno in un episodio della serie tv ‘Questo nostro amore 70‘ su Rai1, per la quale ha scritto un brano pubblicato poi come singolo, il primo della sua carriera, dal quale è scaturito l’Ep.
E il titolo dell’Ep, per chiudere il cerchio, è proprio ‘Marie‘.

Per chi dovesse presentarsi a uno dei prossimi concerti convinto di vedere “Rachele dei Baustelle”, un’avvertenza: quella che ci si trova di fronte è Rachele Bastreghi, accompagnata da un gruppo di musicisti estremamente validi, e con i Baustelle ha poco in comune: prende un percorso diverso, e giusto in alcuni passaggi si ritrova lo stile Bianconiano da chansonnier dei primi album.
Per il resto, lo stile che già traspare dal disco è quello della canzone italiana di trenta e passa anni fa, musica leggera non troppo pop ma nemmeno infarcita di impegno da cantautore. In sostanza, si parla quasi sempre d’amore senza banalità e senza quelle rime trite e ritrite, ripercorrendo i passi di alcuni degli artisti forse più caratteristici della musica italiana dei decenni passati, un’atmosfera che può piacere o meno ma è di certo caratteristica e originale nella nostra storia musicale.
Il disco viene ripercorso in sequenza quasi identica alla tracklist, i primi due brani in ordine invertito arrivano in modo diretto e un po’ sorprendente. ‘Folle tempesta‘ parte dopo un lungo intro che richiama la versione strumentale, traccia di chiusura dell’EP, con una voce più piena ed empatica e meno pulita, allo stesso modo il gruppo suona in modo ben più aggressivo, in particolar modo la batteria di Fabio Rondanini e la chitarra di Giovanni Ferrario si fanno sentire, non stanno in sottofondo a fare da semplice accompagnamento alla front woman. Ancora più evidente tutto ciò con il secondo pezzo ‘Senza essere‘, la voce in libertà e un accompagnamento che esce dagli schemi. Di contro, l’interazione col pubblico tende allo zero, giusto un grazie e un brindisi accennato, indice di una certa concentrazione e di una tensione, d’altronde la preparazione di questa data zero è stata quasi maniacale, e lo dimostrano i tre giorni di allestimento del palco e della strumentazione.
Col prosieguo del concerto, Rachele si scioglie e si ammorbidisce, discorre brevemente col pubblico e con la vera anima del gruppo che è Ferrario, si leva la giacca per potersi muovere meno ingessata tra le sue tastiere e le percussioni. La distanza del suono live con quello in studio si assottiglia, la prima ora di concerto scorre così tra una cover di Patty Pravo, ‘All’inferno assieme a te‘, e una dell’Equipe 84, ‘Cominciava così‘ che forse è il brano più azzeccato dell’intero progetto, un omaggio a Lucio Dalla con un rifacimento della sua ‘Sylvie‘, e i due singoli sin qui pubblicati, ‘Mon petit ami du passé‘ che ha dato il via al suo percorso e ‘Il ritorno‘ che chiude la prima parte dell’esibizione.
C’è ancora spazio per un encore incentrato su brani da regalare al grosso del pubblico, un omaggio agli Afterhours contenuto nella riedizione di “Hai paura del buio?” con la cover di ‘Mi trovo nuovo‘, ammiccante ma pulita e molto meno distorta dell’originale e poi l’unico riferimento ai Baustelle con una delle canzoni che più le appartengono, quella ‘Revolver‘ tratta dal disco del loro grande successo “La malavita” e che anche nei live del gruppo senese rappresenta il momento dei riflettori sulla Bastreghi.
Una buona esibizione nel complesso, una band al di sopra delle attese che regala un’energia che il pubblico mostra di apprezzare, un eccessivo riverbero nel microfono di lei, tant’è vero che quando parla negli intermezzi tra un brano e l’altro la voce è così “effettata” che non si riescono a capir bene tutte le parole. La trasformazione dal 2D del disco al tridimensionale del palco è riuscita discretamente, la sfida per il futuro è di vincere la tensione che aleggia visibile e dare spazio a nuove idee per uscire dal recinto di una parentesi solista.

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Matteo Ferrari

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Nato nel 1984 nell'allora Regno Lombardo-Veneto. Un onesto intelletto prestato all'industria metalmeccanica, mentre la presunta ispirazione trova sfogo nelle canzonette d'Albione, nelle distorsioni, nei bassi ingombranti e nel running incostante.

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