Tra pezzi storici e nuove hit: Africa Unite live a Roma

Il 16 luglio scorso sono tornati nella bucolica cornice lacustrina di Villa Ada gli Africa Unite, padri nobili costituenti del reggae italico since 1981 (quando si dice pionieri del genere) from Pinerolo, provincia di Kingston.
Tornano per regalarci un’altra serata di good vibrations con questo tour legato al nuovo album, “Il punto di partenza“, uscito il 21 aprile scorso (Natale di Roma, toh).
Scavalcando le logiche dell’industria discografica, il disco è disponibile in download gratuito al fine di concentrare la maggior parte del pubblico proprio ai concerti live.
Questa scelta, in fondo, non stupisce poiché in effetti gli Unite sono sempre stati animali da palco.

L’esercito con gli occhiali a specchio‘, primo singolo del nuovo album, è l’opener della serata (in abbondanza di like) e l’atmosfera si fa subito ancora più calda con Bunna che sembra un folletto, a danzare e saltare come un derviscio rotante reggae, e Madaski, gigante buono e oratore sciamanico quale degno contrappunto.
E il live infatti (come del resto gli album in studio) ha come leit-motiv il connubio tra l’anima più mystical roots (and culture) di Bunna e quella più aperta alle improvvisazioni e sperimentazioni elettroniche-dubbeggianti di Madaski, coadiuvati da un’ottima big band.
La serata prosegue con ‘Pure music, today‘, la ever(red, gold and)green ‘Il partigiano John‘ (acclamata all’unisono dai presenti), ‘Sotto Pressione‘ e…stonk!
L’impianto salta dopo mezz’ora: è il bello della diretta, baby.
Ma dopo soli 5 minuti si ricomincia, e subito si ricrea la magia.
E l’afa è lenita dalla frescura degli alberi (ahhh, che belle le venue frondose!).
E la gente (di tutte le età, allegra ed eterogenea) è bella e balla.
E la macchina sonora riaccesa è oliata a puntino, e le canzoni scorrono avvolgenti, calde e placide come creste d’onda che vanno ad infrangersi ora fragorosamente – ora dolcemente – a riva.

E’ il tempo della storica ‘Babilonia e poesia‘ e dell’ottima ‘Mentre fuori piove‘.
Bunna, dreadlocks al vento (si fa per dire, ‘vento’) già al secondo pezzo quali serpentelli medusei quasi striscianti terra, è sempre un frontman e un performer di razza: ringrazia il pubblico ma lo riprende bonariamente, polemizzando sullo scarso numero di download del nuovo album da parte degli astanti (sic!).
E sì che invece “Il punto di partenza” è opera degna: ‘Riflessioni‘ ne è manifesto emblematico e programmatico, senza menate rastafariane su Hailè Selassiè.
Niente patois, niente apologia della ganja (anche se, naturalmente, si sentono anelli della stessa volare su, verso la calda luna lugliesca).

Flash random: una sinuosa e suadente ‘Sotto pelle‘ e – su ‘Notti‘ – una piacevole coda dubwise mode on ci ricordano la poliedricità della band.
Al bis, ecco una ‘Concrete jungle‘ di marleyana memoria revisited, in onore alle radici e ai numi tutelari, ai santini – in primis Bob e Steel Pulse (i Lari e i Penati dell’homo reggaecus, eh).
Tocca poi a ‘Uguale‘, ‘Baby Jane‘ (tratta dal repertorio di Rod Stewart(!)), ‘Sui miei passi‘ (che rimarca la vena reggae dei ragazzi) e la hit ‘Ruggine‘.
Tutti brani, questi, che appartengono alla storia del reggae made in Italy e che sono accolti con ovazione e devozione.
Come encore fanno capolino i vecchi successi, ça va sans dire:
– l’innodica preghiera laica ‘Salmodia‘, datata – come sottolinea Bunna – 1994;
– la splendida ‘Non sei sola‘, che è un lover coi fiocchi, che noi mollemente e pigramente gradiamo assai;
– ‘Scegli‘ presa da “Un sole che brucia” (1995).

Questo è il gran finale dopo 2 ore di concerto, con una folla scatenata e ondeggiante a suggello di una formula vincente sempre in bilico tra reggae, rocksteady, ska.
Gli Africa Unite colpiscono ancora con i loro testi pregni di impegno sociale, calati nel “qui ed ora” del nostro contemporaneo italiano e del villaggio globale tecnologico, in una dimensione di lucida, ludica, giocosa e consciousness.

E un’altra notte di Roma e poesia se ne va.
Big up.
Jah bless.

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