Little Steven e l’arte di essere gregario

Chissà cosa passa per la testa di un artista abituato a palcoscenisci con decine di migliaia di persone o ai premi internazionali più prestigiosi, nel ritrovarsi a suonare di fronte a qualche sporadica centinaia nella splendida cornice del laghetto di Villa Ada a Roma.
Il 17 luglio Little Steven ha messo in scena uno spettacolo eccellente, che dimostra quanto la sua formazione musicale e la sua preparazione vadano ben oltre il ruolo di uomo chiave della E Street Band e dell’intera carriera di Bruce Springsteen.
Certo, l’impatto deve molto all’esperienza col Boss di questi anni, che mai rinnega e, anzi, valorizza.

11- Little Steven - Villa Ada - 17072018
Si presenta sul palco con la formazione dei The Disciples of Soul, a metà tra un gruppo funky e tex mex.
In realtà trattasi di un melting pot che viaggia nella pancia della musica afroamericana omaggiando il soul della Motown e il blues della Chess Records – a proposito, si segnalano la bellissima ‘The blues is businness‘ di Etta James e ‘Soulfire‘ di The Breakers oltre che l’iniziale ‘Sweet Soul Music‘ di Arthur Conley.
Ampio spazio alla sua produzione solista, non particolarmente esaltante eccezion fatta per ‘Under The Gun‘ o ‘l Saw The Light‘.
Ben tre pezzi sono stati pescati dal repertorio di Southside Johnny, grande cantautore americano legato da sempre a Springsteen e a Little Steven, con ‘Love on the wrong side‘, ‘Some things just don’t change‘ e ‘I don’t want to go home‘.
Certamente la voce di Van Zandt non è mai particolarmente all’altezza ma la band lo supporta sempre nel modo migliore.
Gli arrangiamenti sul palco funzionano e su tutto emergono i virtuosismi vocali delle tre coriste afroamericane Sara Devine, Tania Jones e Jaquita May.

Alla fine sono state oltre due ore e mezza di un concerto divertente e con una certa qualità.
Little Steven sembra avere superato quel complesso da “chitarrista del Boss” che per anni lo ha attanagliato, e la sua serenità artistica emerge da esperienze come questa dei Disciples of Soul.
D’altronde lui, come tutta la E Street Band, ha un merito enorme nella storia del rock: sono dei veri filologi della musica, e cioè riscoprono esperienze musicali, o anche singoli pezzi che la polvere del tempo stava per nascondere.
Questo tour Little Steven ha voluto dedicarlo all’intera working class americana, specialmente agli insegnanti e al loro lavoro così importante in un momento in cui il mondo sembra impazzire.
Un artista dai molti volti, capace di ritagliarsi il ruolo che la situazione impone: che si tratti del Boss, della sua band o anche di Silvio dei “Sopranos“.


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