I-Days Festival 2018 | Day 1: la nostalgia e la paura

Lo stesso brand di sempre per una nuova location: la formula di I-Days Festival non cambia per questa edizione 2018.
L’evento organizzato da Live Nation prende il via il 21 giugno, assumendo una dimensione più urbana e più moderna insediandosi negli ampissimi spazi dell’Area Expo, ribattezzati ora Experience Milano.
Il cartellone dei quattro giorni di rassegna racchiude nomi importanti, distribuiti in maniera omogenea e senza voler strafare: la giornata si sviluppa su un unico palco (anche se la struttura si presterebbe a qualcosa di più ambizioso, raccomandiamo caldamente per il futuro di prendere in considerazione l’idea di un vero festival multistage), con un crescendo di attesa per l’arrivo degli headliner.

La prima giornata di I-Days Festival 2018 oscilla tra lo sguardo nostalgico a un passato che non c’è più, dalle parti dell’Inghilterra, e il fascino dell’immagine superficiale e ammiccante che arriva da Las Vegas, capitale dell’effimero.
È così che Richard Ashcroft propone una scaletta che attinge più dalla storia con The Verve che dalla sua carriera solista, peraltro assolutamente dignitosa, come se ci si arrendesse all’evidenza che il 1997 fosse meglio e certi album come “Urban Hymns” non possano più tornare.
Qualcuno dei presenti all’epoca non era ancora venuto al mondo, facile leggere un certo sgomento nei loro occhi, in attesa che arrivi il nome grosso -per loro- della serata.

Per noi invece, che nel 1997 avevamo da qualche anno capacità di intendere e di volere e di acquistare dischi, il momento clou della festa è l’arrivo di Liam Gallagher, con tutto lo scetticismo e le moderate aspettative del caso.
Mezzo Oasis oggi, mezzo Oasis sabato, questo I-Days cerca di ricreare una specie di connessione tra i due fratelli Gallagher, connessione che siamo sicuri Noel non avrà la minima intenzione di cogliere (mentre Liam un salutino speranzoso prima dell’ultimo brano lo concederà).
Anche in questo caso la setlist è più Oasis che solista, si inizia con ‘Rock ‘n’ roll star‘ e si prosegue cantando tutti insieme ‘Morning glory‘.
L’impatto è buono, il suono pulito e la voce decente, il look di Liam Gallagher è come sempre discutibile: gli è rimasto indosso uno spolverino color senape dall’allenamento di calcio probabilmente, si percepisce un po’ di fiatone che pure avalla questa ipotesi.
I pezzi di produzione propria di Liam Gallagher sono arricchiti di chitarre nostalgiche, da ‘Greedy soul‘ a ‘Wall of glass‘, hanno una buona resa e dimostrano le doti di buon intrattenitore e discreto esecutore.
La voce non è propriamente virtuosa e lo smalto si è un po’ perso, ma quando il pubblico di I-Days Festival sostiene e rinvigorisce i brani storici lo show assume una buona consistenza.
Con una sequenza che parte da ‘Whatever‘ in chiave più bassa, passa attraverso ‘Some might say‘ e chiude con la doppietta sing-along di ‘Live forever‘ e ‘Wonderwall‘, si canta tutti insieme come ad un concerto di Vasco e si guarda con ancora più nostalgia all’ultimo decennio dello scorso millennio.

Spetta a The Killers, col favore delle tenebre, l’onore di chiudere questa prima sessione di concerti di I-Days Festival.
L’impatto delle luminarie sul palco e la partecipazione del pubblico sostengono l’inizio della loro esibizione, con un Brandon Flowers esteticamente impeccabile, e vagamente somigliante a Ricky Martin, che stenta a trovare la voce. Sfumature glam pop e luci, ‘Somebody told me‘ affannata, ‘Spaceman‘ meglio con l’accoppiata synth più coretti, il suono migliora col passare del tempo, con un bell’attacco di ‘Smile like you mean it‘.

Il frontman dei The Killers imbraccia la chitarra per ‘For reasons unknown‘ e sembra iniziare a ritrovarsi, proprio quando l’impressione è quella che la band di Las Vegas stia quasi cercando di macellare le proprie canzoni. L’introduzione robotica di ‘Human‘ è accattivante, ed è qui che Brandon Flowers tira finalmente fuori la voce per una trasfigurazione che fa tirare un sospiro di sollievo. Le ballatone per piano e voce rallentano il ritmo ma se ne escono molto bene, in particolare ‘A dustland fairytale‘. ‘Read my mind‘ fa capire che non c’è solo immagine per The Killers, ma sanno smuovere anche emozioni, e dopo i doverosi auguri di rito del gruppo a Brandon Flowers per il compleanno si chiude con le grandi schitarrate di ‘All these things that I’ve done‘ e il refrain ipnotico cantato a squarciagola da tutto il pubblico di I-Days.

Il rientro dei The Killers per l’encore riserva un cambio d’abito per il cantante, vagamente ispirato al Divino Otelma. ‘When you were young‘ sale e scende a piacimento e viene portata in giro con abilità, e il gran finale è quello che tutti si aspettano, quello di ‘Mr. Brightside‘ che ha facile presa ma che in ogni caso viene tirata bene.
Un bilancio positivo, nonostante una mezzoretta di vera paura e di incredulità quasi totale, un main act all’altezza della prima giornata di I-Days Festival, con un occhio sempre rivolto al passato ma la voglia di leggerezza puntata al presente.


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Matteo Ferrari

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Nato nel 1984 nell'allora Regno Lombardo-Veneto. Un onesto intelletto prestato all'industria metalmeccanica, mentre la presunta ispirazione trova sfogo nelle canzonette d'Albione, nelle distorsioni, nei bassi ingombranti e nel running incostante.

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