Alice Cooper live a Milano: Alice nel teatro del meraviglioso orrore

Chiunque sia arrivato all’Alcatraz di Milano la sera del 30 novembre sottovalutando le qualità di questo artista mostruoso, snobbando lo spettacolo perchè l’età anagrafica fa presagire più l’ospizio che altro, si è dovuto ricredere.
Alice Cooper sul palco ha dato dimostrazione di cosa sia un vero frontman e non solo: con lui si comprende cosa sia il magnetismo coi propri fans, quasi a sembrare la sindrome di Stendhal.

Non esiste un altro performer come Alice Cooper né esiste altrove quello che propone nel suo spettacolo.
Sono le sue smorfie e la coordinazione con la band a rendere importante la setlist che in questa serata milanese vede solo un brano, ‘Paranoiac Personality‘, tratto dall’ultimo album, “Paranomal”.
I cambi d’abito ad ogni canzone consentono ad Alice Cooper di essere sempre sul pezzo con movimenti precisi sui tempi e sui testi delle canzoni: la qualità della rappresentazione figurata dei brani è elevatissima, coadiuvata dalla scenografia e dagli intermezzi della figlia Calico Cooper e della compagna Sheryl, accanto a lui da ben 41 anni.
È anche grazie a loro due che il coinvolgimento nel Gran Guignol che si è impossessato dell’Alcatraz e dei suoi spettatori raggiunge livelli inaspettati.

A dispetto della sua età e alla faccia dei detrattori, Alice non è una cariatide che mugola le vecchie canzoni immobile, ma un magnete che canta ancora benissimo, si muove, recita le canzoni nella loro completezza agitando in aria i pugni e scuotendo a ritmo le anche.
Lo accompagnano facce disgustate quando il brano lo richiede; si divincola quando ai fini dello show è imprigionato nella camicia di forza o è seduto sulla sedia elettrica; ancora non molla quando “perde la testa” con la ghigliottina in ‘Killer‘ dopo aver ucciso la figlia che interpreta un’infermiera psicotica.

La grande meraviglia di questo spettacolo non solo si riflette nel grande protagonista ma anche nei suoi musicisti, prima fra tutti la bellissima woman of mass distraction holliwoodiana Nita Strauss, che correndo incontenibile sul palco, suonando con maestria scenica e tecnica, fa bel onore al soprannome di “Hurricanita”.
Tutta la band è una macchina da guerra che non ha nessun rispetto né paura dei volumi, che di fatto sono molto alti.
Glen Sobel è un rullo compressore che non molla il tiro ed è supportato nel lavoro dalla potenza ritmica di Chuck Garric, alias “Beasto Blanco”.
Ryan Roxie e Tommy Henriksen completano il trio di chitarre che riversano note a volontà sul pubblico.

Un pubblico ben rappresentato da un bambino in mezzo alla platea che, in spalla al proprio genitore, è truccato e canta le canzoni di Alice Cooper.
Dal canto suo il patron della serata risponde donandogli il suo bastone bianco e fa prender coscienza a tutti gli adulti presenti che in verità quel bambino che ancora non ha smesso di credere nella meraviglia e vuole crescere ancora con i sogni negli occhi impersona tutti noi.

Un concerto che non ha punti deboli, quello di Alice Cooper: mai una caduta di stile, mai un abbassamento di intensità neanche durante i solo, che hanno evidenziato le qualità dei membri della band.
Inni generazionali dagli anni ’70 come ‘Billion Dollar Babies‘, ‘No more mister nice guy‘ o ‘I’m eighteen‘ uniti a dichiarazioni possenti come ‘The world needs Gut‘ sono solo un emblema di un artista intelligente e attentissimo del periodo in cui vive.
La serata si chiude sulle note di ‘School’s out’ che intemezza un medley con ‘Another brick in the wall‘, con palloni ripieni di coriandoli che vengono uccisi dalla spada e dal coltello branditi da Alice Cooper.

La dedizione assoluta e il profondo amore del pubblico vengono ancora ripagati anche dal tuffo di Garric in mezzo al pubblico a fine concerto, bissando lo stesso stage diving dell’ultima volta a Milano.
Aspettiamo che questo circo dell’orrore torni ancora in città per sentirci, di nuovo, bambini.

 

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