Afterhours live a Bologna: una tempesta di decibel dritti al cuore

Tornano a Bologna gli Afterhours con il loro “Folfiri o Folfox – Tour 2017”: dopo la prima tranche di concerti estivi nel 2016, arriva ora la seconda parte, quella che avrà luogo nei club.
Terza data quella del 14 marzo all’Estragon Club per un tour che si preannuncia molto intenso.

Alle 21 il club bolognese è già gremito di “piccole iene”, appellativo dietro cui si riconoscono ormai i fan più coriacei della band milanese.
A scaldare le loro orecchie ci pensa l’opening act, Andrea Biagioni, cantautore lucchese che aprirà tutte le date di questo tour – alcuni di voi lo ricorderanno nel talent show X-Factor tra le giovani promesse affidate al giudice Manuel Agnelli.
Dotato di buona tecnica e gran voce, Biagioni esegue quattro pezzi tra cui l’inedito ‘Via da me‘, ‘Il mare dentro‘ e ‘Crossroads‘, pezzo blues che ben mette in evidenza le sue doti alla chitarra e alla voce.

Sono le 21.45 circa quando le luci dell’Estragon, abbassandosi, fanno salire il boato del pubblico, smanioso di ascoltare i pezzi estratti dal doppio album dal vivo.
La band milanese, immutata nella formazione, si presenta con Manuel Agnelli (voce, chitarre e piano), Stefano Pilia (chitarre e cori), Xabier Iriondo (chitarre e strumentazioni analogiche), Roberto Dell’Era, (basso seconda voce e cori), Rodrigo D’Erasmo (violino, chitarre e cori) e Fabio Rondanini (batteria).
L’apertura del concerto è affidata a ‘Nè pani nè pesci‘, la scenografia è minimale e scurissima.
Ciò che colpisce sin dai primi pezzi è l’aumento impressionante di decibel in questo tour, e i primi pezzi tra cui ‘Qualche tipo di grandezza‘, ‘Il mio popolo si fa‘ e ‘Ballata per la mia piccola iena‘ lo dimostrano benissimo.
L’album “Folfiri o Folfox” è stato suonato praticamente per intero, eccezion fatta per ‘Lasciati ingannare (una volta ancora)‘.
Scelta azzeccatissima questa, che se sulla carta poteva sembrare azzardata, dal vivo invece rende oltremodo.
Manuel e soci infatti hanno saputo riportare dal vivo quella cupa, spessa e intimissima atmosfera che pervade e si districa in tutto il disco.
Impressionanti i momenti più selvaggi e creativi come ‘Cetuximab‘, ‘San Miguel‘, ‘Folfiri o Folfox‘, ‘Fra i non viventi vivremo noi‘, che dimostrano come questi sei artisti si approccino alla musica in modo professionale, estroso e diretto, rendendolo agli occhi di chi guarda quasi un gioco.
Ben riusciti anche i momenti solistici, in cui gli acuti di Manuel Agnelli allungano verso l’alto, quasi volesse giungere in cielo – ‘L’odore della giacca di mio padre‘, ‘Se io fossi il giudice‘ e ‘Grande‘ su tutte.
Non sono certo mancati momenti in cui la band ha ripescato cavalli di battaglia dal passato, come ‘Costruire per distruggere‘, ‘Padania‘, ‘Tutti gli uomini del presidente‘, ‘Ci sono molti modi‘, l’immancabile ‘Male di Miele‘, ‘La verità che ricordavo‘ e a chiudere ‘Bye Bye Bombay‘.

Quello a cui abbiamo assistito è stato un concerto tiratissimo, dal sound robusto e ruvido.
I pochi momenti acustici hanno dato la possibilità di riflettere sul vero messaggio di “Folfiri o Folfox”, l’impotenza della vita difronte a determinate patologie, a momenti bui della vita e la necessità di reagire in un qualunque modo.
Ultimamente mi è capitato di leggere da più parti che gli Afterhours sono diventati la band di Manuel Agnelli, personaggio emblematico e carismatico, amato e odiato oramai dentro e fuori l’ambiente indie italiano.
Credo invece che Manuel sia una bandiera di un mondo sommerso, che per affermarsi ha lottato per anni. È oggi il leader indiscusso degli Afterhours, il capitano di una squadra di professionisti, il numero dieci: un personaggio che fa delle scelte, porta avanti delle idee e quando scende in campo, insieme alla sua squadra, fa la differenza.

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